L’indagine per i tamponi falsi a Messina non riguarda solo il medico radiato per aborti clandestini e i tre operatori del laboratorio d’analisi. Sul registro degli indagati ci sono anche i 132 cittadini che, nei primi mesi del 2022, si sono rivolti all’ex medico per ottenere il green pass, obbligatorio in quel periodo per alcune attività lavorative, senza eseguire un “vero” tampone e, soprattutto, evitando il vaccino anti-Covid.
Il medico radiato, secondo quanto ricostruito dai finanzieri del Comando provinciale, operava in una stanza messa a disposizione in una struttura pubblica, resa nota ai “clienti” da un sempre più vasto passaparola, al punto da superare i mille tamponi a settimana. Per l’ex medico, il gestore dello studio diagnostico della zona sud, un’impiegata e una collaboratrice di quest’ultimo, la pm Roberta La Speme aveva chiesto la misura della custodia cautelare in carcere, ma la gip Tiziana Leanza ha concesso l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Gli interrogatori si dovrebbero svolgere all’inizio della prossima settimana, quando i quattro indagati principali si presenteranno davanti al giudice difesi dagli avvocati Gianluca Nicosia, Piera Russo, Giuseppe Romeo e Nicola Giacobbe.
I tamponi Covid venivano “effettuati” tutti i giorni, per un’ora la mattina (dalle 11 a mezzogiorno) e un’ora il pomeriggio (dalle 18 alle 19). Ma pure la domenica, dalle 17.30 alle 19. Un servizio aggiuntivo offerto da gennaio di un anno fa. Da quando, cioè, è entrato in vigore il decreto che istituiva l’obbligo vaccinale per gli over 50, a partire da febbraio, e l’obbligo di green pass per alcune categorie professionali. Ma i tamponi venivano effettuati davvero? No, anzi. E lo sapeva bene chi si rivolgeva alle quattro persone per le quali il gip del Tribunale di Messina ha disposto la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria. Le misure sono state eseguite dai finanzieri del Comando provinciale di Messina, dopo un’indagine che si è concretizzata tra marzo ed aprile dell’anno scorso.
I quattro indagati sono un medico che era stato radiato dall’albo per un vicenda di aborti clandestini che lo aveva visto coinvolto e tre operatori di un laboratorio d’analisi, tra cui due biologi. In alcuni casi “l’ex” medico si sforzava quantomeno di simularlo, il tampone rapido: infilava il famigerato “bastoncino”, che tutti abbiamo imparato a conoscere con il deflagrare della pandemia, in bocca ai pazienti-clienti, ma senza eseguire un vero e proprio test antigenico. In altri casi non sprecava nemmeno questo tempo, perché di fronte a sé aveva persone conosciute e fidate.
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