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Federica da Messina alle Maldive: la vita è un viaggio nelle profondità dell’Oceano

Classe 1989, biologa marina, lavora alle Maldive dove è impegnata in progetti volti alla tutela del mare

La sua vita? Un continuo viaggio di scoperta rivivendo quei libri di avventura che tutti, da bambini, divorano voracemente, volando con la fantasia. Federica Moscheo, classe 1989, biologa marina per scelta, avventuriera per vocazione naturale, ha scelto le Maldive come casa da abitare. In tre aggettivi si definisce: tenace, paziente e versatile. E ha sviluppato, grazie alle tante culture incrociate, un grande senso di adattamento a situazioni differenti.

Qual è stato il tuo percorso di studi? E quale la strada che hai intrapreso dopo la maturità?
«Ho frequentato il liceo Archimede a indirizzo linguistico. Ho studiato inglese, francese e tedesco perché ho sempre amato le lingue straniere, assieme alla biologia. Nel momento in cui, però, ho dovuto scegliere il percorso universitario, ho scoperto l’esistenza di un corso di Biologia marina all’Università di Messina e non ho avuto dubbi. Ho conseguito la magistrale, poi ho deciso di partire per l'Inghilterra per frequentare il corso magistrale di Biologia marina tropicale all’Università dell’Essex. Ho avuto la possibilità di partecipare ad un’attività di tre settimane riguardante la conservazione e il management dei coralli in Indonesia, sull’isola di Hoga, all’interno del Parco marino nazionale “Wakatobi”. E ho avuto la possibilità di migliorare le mie abilità di subacquea, di imparare nuove tecniche di monitoraggio della flora e della fauna marina. Tutte competenze che mi sono tornate utili».

In Sicilia hai lavorato in un diving center. E nel 2020 hai spiccato il volo per le Maldive. Come è nata allora questa possibilità ?
«Vista la mia specializzazione nello studio della barriera corallina e le possibilità lavorative offerte ai biologi marini alle Maldive, finita la stagione lavorativa al diving in Sicilia, ho subito iniziato a cercare offerte di lavoro nell’arcipelago dell’Oceano Indiano. Grazie anche alle esperienze fatte durante il periodo di lavoro al diving sono stata assunta, nel 2020, da un’organizzazione, l’Atoll Marine Center, che si occupa di soccorso e riabilitazione di tartarughe marine. L’associazione è situata sull’isola locale di Naifaru, nell’atollo di Lhaviyani, e collabora con il resort Six Senses Kanuhura. Ho quindi trascorso ben 6 mesi, da fine gennaio a metà luglio, alle Maldive facendo base prima al resort, successivamente a Naifaru».

Di cosa ti occupavi?
«Il mio lavoro consisteva nel prendermi cura quotidianamente delle tartarughe ferite o malate presenti al Centro: dargli da mangiare, somministrare antibiotici e pulire e disinfettare le ferite. Al resort, invece, ho lavorato sul mantenimento e l’espansione del progetto di “coral gardening”. Accompagnavo gli ospiti del resort in escursioni snorkeling sulla barriera corallina, fornendo loro informazioni sulla vita marina e dando informazioni sul codice di condotta da seguire per non danneggiare il reef e i suoi abitanti. Prendevo anche parte alle attività organizzate dal kids club per educare i bambini al rispetto e alla conoscenza del mare. Assieme a queste attività di divulgazione, mi occupavo della salvaguardia e protezione dei nidi di tartaruga presenti sull’isola».

Che cosa fa oggi Federica alle Maldive? E che cosa ti piace di quello che fai?
«Da luglio 2022 sono tornata alle Maldive sull’isola locale di Hanimaadhoo, nell’atollo di Haa Dhaalu dove sono stata assunta dal Barefoot Eco Hotel come biologa marina. Mi occupo di accompagnare i turisti in escursioni snorkeling intorno all’atollo. In particolare guido le escursioni di monitoraggio tartarughe, mante e delfini. Durante le uscite, raccolgo dati relativi alla distribuzione delle popolazioni degli animali menzionati collaborando, quindi, con alcuni enti presenti alle Maldive che si occupano di monitoraggio e conservazione di mante e tartarughe. Inoltre, durante la settimana, in serata, faccio lezioni di biologia marina per gli ospiti. Insomma, non mi annoio. Gli argomenti? Tartarughe, mante, delfini, inquinamento da plastica, e coralli. E ora stiamo pensando di sviluppare un progetto di “coral gardening” al resort per coinvolgere ulteriormente gli ospiti nella salvaguardia dell’ambiente marino. Mi occupo anche di organizzare eventi di beach cleanup, pulizia della spiaggia, per essere chiara. Il “Barefoot eco Hotel” nel 2021 è stato certificato dal “Global Sustainable Tourism Council” come hotel sostenibile e uno dei motivi è dato proprio dalla presenza del “Conservation Center”, dipartimento del quale faccio parte e di cui porto avanti i progetti. Lavoro gomito a gomito con la general manager del resort (anche lei italiana) per migliorarne l’eco concept, sviluppando nuovi progetti che possano anche coinvolgere la comunità locale. Ad esempio, invitare i bambini delle scuole per lezioni di biologia e sensibilizzazione sul problema dell’inquinamento da plastica in mare. Di quello che faccio, mi piace il contatto con la gente e la possibilità di condividere con gli ospiti del resort l’amore e il rispetto per il mare e sensibilizzarli sulle problematiche degli oceani».

Che sogni hai nel cassetto? Ti piacerebbe un giorno tornare in Sicilia?
«Al momento alle Maldive mi sento a casa, quindi mi piacerebbe continuare il mio lavoro in questo Paese che purtroppo può contare solo sulla presenza di biologi marini provenienti dall’estero. Mi piacerebbe poter entrare a far parte di una di quelle organizzazioni con le quali collaboriamo e quindi contribuire per la ricerca e lo studio di mante, tartarughe, coralli, squalo balena. E poter collaborare con l'Agenzia di protezione ambientale del governo maldiviano per lo sviluppo di aree marine protette o progetti di salvaguardia del reef. Se dovessi pensare di cambiare Paese, invece, il mio sogno sarebbe quello di lavorare in Australia e occuparmi della salvaguardia della grande barriera corallina. Tornare in Italia? Purtroppo il nostro Paese, nonostante sia circondato dal mare, non offre molte possibilità, a meno che non si tratti di lavori sottopagati o di volontariato che costringono gran parte di coloro che decidono di rimanere a cambiare strada e non poter lavorare nell’ambito della Biologia marina».

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