Quando si parla di emergenza demografica in molti, ancora, non riescono a cogliere la portata drammatica di una crisi inarrestabile. Che, come tutte le crisi, può essere governata e può anche rivelarsi foriera di sviluppi positivi, purché se ne abbia consapevolezza e la si sappia affrontare.
“Nel 2030 in Italia 1,9 milioni di potenziali lavoratori in meno”: è il titolo di ieri del “Sole 24 Ore” che ha pubblicato i nuovi dati Istat, in base ai quali nei prossimi otto anni, dal 2022 al 2030, è previsto il tracollo dei cosiddetti “occupabili”, in particolare tra i 30 e i 64 anni. Sulla classifica nazionale, sottolinea il quotidiano di Confindustria, pesa (come sempre, verrebbe da aggiungere) il Sud, la fuga dal Mezzogiorno. E in questa graduatoria, Messina è tra le prime sette, ma non c’è niente per cui inorgoglirci. Il dato relativo alla nostra città – ma non solo alla nostra, anche a realtà come Enna, Potenza, Oristano, Nuoro, altri centri della Sardegna, e poi Caltanissetta, Avellino, Campobasso, Catanzaro, Vibo Valentia, Isernia, Cosenza, Agrigento – è tale da lasciare sbigottiti, o sgomenti, fate voi...
Si riferisce, lo ribadiamo, al calo della popolazione in età lavorativa e la classifica riporta il trend dei residenti nel 2030 rispetto al 2022, per le fasce tra i 15 e i 64 anni. Ebbene, in termini di percentuale, Messina perderebbe “forza lavoro” (termine bruttissimo, perché si tratta di persone) pari all’11,2% complessivo, che è la media del 10,2% in meno nella fascia dei veri e propri giovani (15-29 anni) e dell’11,5% di quella tra i 30 e i 64. In termini di variazione assoluta, ciò corrisponderebbe, in soli otto anni, a un calo di 9.254 per la fascia 15-29 anni e di 33.644 per quella 30-64, con un meno complessivo di 42.898.
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