Li hanno denominati «siti orfani», fanno quasi pena. Non hanno più i “genitori”. Il ricordo delle “padri” e delle “madri” degeneri si è smarrito nel corso del tempo ed ora quei “figli”, dislocati su tutto il territorio nazionale, vanno salvati. Dalla consunzione e dal degrado. Ad “adottarli” ci hanno pensato il Governo nazionale e, in particolare, il ministero della Transizione ecologica, con lo stanziamento di oltre 5 miliardi di euro nel Piano di ripresa e resilienza, destinati alla bonifica di ben 260 aree individuate in tutt’Italia.
Una ventina sono in Sicilia e, di queste, otto sono nel territorio comunale e nella provincia di Messina.
Ma cosa sono, in realtà, questi luoghi diventati “non luoghi”? Per “sito orfano” «un’area potenzialmente contaminata per la quale il responsabile dell'inquinamento non è individuabile o non provvede a tutti gli adempimenti normativi previsti. In tutti questi casi, l'onere degli interventi sostitutivi di bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale è in carico alla pubblica amministrazione». Ciascuna Regione, o Provincia autonoma, provvede, secondo i propri criteri e coerentemente con le previsioni e pianificazioni rispettivamente già adottate in materia di bonifiche, all’individuazione dei «siti orfani» per i quali gli interventi oggetto del decreto risultano prioritari in riferimento al rischio ambientale e sanitario connesso. La Campania, ad esempio, he ha individuati 54. Dopo la scelta dei siti, dovranno seguire gli atti di programmazione negoziata (accordi di programma), nell’ambito dei quali sono specificamente individuate le risorse da trasferire in relazione a ciascun intervento, nonché le modalità di attuazione degli stessi, i soggetti pubblici che agiscono “ex officio”, le modalità di erogazione delle risorse e di rendicontazione delle spese. Tutto deve essere fatto entro il 2026, la data di scadenza per i progetti contenuti nel Pnrr.
Il decreto prevede «attività di rimozione dei rifiuti; interventi relativi alle strutture edilizie e impiantistiche; interventi di bonifica disciplinati da leggi speciali; interventi di bonifica e ripristino ambientale delle aree caratterizzate da inquinamento diffuso». Le zone individuate nel Messinese si dividono tra città e provincia.
Le aree dislocate nel capoluogo sono tre
1) I siti inquinati della Zona falcata, oggetto attualmente del piano di caratterizzazione affidato dall’Autorità di sistema portuale dello Stretto alla società statale Sogesid. È la superficie più vasta: 700 mila metri quadrati. 2) L’ex Sanderson, l’area produttiva industriale dismessa di Pistunina, 75mila metri quadrati. 3) La discarica dismessa di Vallone Guidari a Larderia, 15mila mq.
I “siti orfani” della provincia
1) La discarica dismessa di contrada Formaggiara a Tripi. 2) Un’altra discarica dismessa, quella di contrada Zuppa a Mazzarrà Sant’Andrea, di 200mila metri quadri. 3) La discarica dismessa del torrente Abramo, a Santa Teresa di Riva. 4) La discarica dismessa di Piano Ciaddo a Nizza di Sicilia. 5) La discarica dismessa di contrada San Giuseppe a Merì.
Caricamento commenti
Commenta la notizia