Ci sono date destinate, più di altre, ad entrare nella storia. Il 6 marzo è una di queste: è il giorno in cui viene accertato il primo caso di positività al Coronavirus nel Messinese. È l’esito del tampone a cui viene sottoposto, all’ospedale “Cutroni Zodda” di Barcellona, un 51enne vigile del fuoco santagatese, rientrato pochi giorni prima da Roma dove aveva svolto un corso di formazione. È l’inizio di un incubo. Il giorno dopo il numero dei casi sale già a quattro. E col passare dei giorni i numeri aumentano e con essi si accendono i primi focolai, di contagi e di polemiche.
Tra queste, la più accesa, nei primi giorni dell’ondata pandemica, riguarda il caso degli “sciatori di Madonna di Campiglio”, un gruppo di messinesi partito per una settimana bianca proprio negli ultimi giorni in cui erano consentiti gli spostamenti (pur con il virus già abbondantemente in circolo) e tornato, in città, con un... bagaglio di contagi. È uno dei primi punti su cui si sofferma polemicamente il sindaco Cateno De Luca, che inizia a parlare in diretta alla città ogni pomeriggio dalla centrale operativa della protezione civile comunale.
Il caso "Come d'incanto"
Ma ci sono altri focolai a preoccupare e saranno quelli che, nella prima fase dell’emergenza, pagheranno il tributo più alto di vite nella battaglia contro il Covid. Il primo è quello dell’Irccs Neurolesi, dove in pochi giorni saranno decine i casi accertati. E soprattutto deflagra il dramma della casa di riposo “Come d’incanto”, in via Primo Settembre. La struttura per anziani, complici tempi troppo lunghi d’intervento (sui quali verrà aperta un’inchiesta), si trasforma in un vero e proprio lazzaretto. Ed è in questo contesto che spicca a un’altra data ormai tristemente storica: il 24 marzo arriva la prima vittima messinese, una donna di 97 anni, ospite proprio della “Come d’incanto”. La prima di un tragico elenco. La luce in fondo al tunnel (che si rivelerà però più lontana di quanto ci si illude in primavera) ha il volto di nonna Concetta. È una degli anziani della “Come d’incanto” che, in un giorno di marzo come tanti altri, incrocia la sua strada col Coronavirus. Anche lei è costretta a cambiare “casa”, passando dalla confortevole struttura di via Primo Settembre ad un letto d’ospedale, ricoverata al Policlinico di Messina. È lì che nonna Concetta taglia l’eccezionale traguardo del secolo di vita: spegne le sue cento candeline circondata dal sincero affetto degli operatori sanitari, guardando negli occhi i propri cari attraverso il monitor di un tablet. E il 22 aprile nonna Concetta diventa il simbolo della speranza: quel giorno, la neo-centenaria risale su un’ambulanza, tra le lacrime e gli applausi di medici e infermieri, per lasciare il Policlinico e poter urlare con una voce che arriva dal cuore «io ho sconfitto il Covid».
Il rebus delle ordinanze
Ma il mese di aprile, soprattutto nella prima fase, è anche il periodo in cui più si complica il labirinto di provvedimenti nel quale deve districarsi ogni messinese: i Dpcm del premier Conte, le ordinanze regionali del governatore Musumeci e quelle locali del sindaco De Luca. Proprio un provvedimento di Cateno De Luca innesca un “duello” istituzionale con il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. È l’ordinanza “Si passa a condizione”, tramite la quale il sindaco intende regolare i passaggi sullo Stretto di Messina e che regala a De Luca i riflettori delle tv nazionali. L’8 aprile il Consiglio di Stato, riunitosi d’urgenza su richiesta della ministra dell’Interno Lamorgese, azzera e boccia la banca dati di De Luca, un’ordinanza giudicata abnorme e illegittima sotto molti profili. De Luca non la prende bene: «Io continuerò a fare il sindaco così, il ministro mi rimuova». Di mezzo c’è anche una denuncia per vilipendio, proprio da parte del ministero, per una serie di insulti e un “vaffa” in diretta rivolto da De Luca proprio alla Lamorgese.
La ripartenza
Il 4 maggio è il “capodanno della Fase 2”, con le prime riaperture dopo un lungo locdkdown. E viene vissuto “a due velocità”, dai messinesi. Alcuni scrupolosi e prudenti come nella fase 1, altri esageratamente “disinibiti”. E infatti col passare delle settimane e l’allentarsi delle restrizioni, aumentano in modo preoccupante gli assembramenti, specie negli orari e nelle zone della movida. Molti ragazzi senza mascherina, aperitivi “spensierati”. Il governatore siciliano Musumeci fissa al 6 giugno l’avvio della stagione balneare. E per accogliere i turisti in modo “sicuro”, si affida ai consigli di un esperto “illustre”: l’ex capo della Protezione civile nazionale, Guido Bertolaso.
La seconda ondata
Un focolaio dell’Ortopedico di Ganzirri. Nuove vittime. Il numero dei contagiati che aumenta. Il mese di settembre spazza via definitivamente l’illusione che con l’estate il Coronavirus avesse esaurito la sua violenza. Una nuova ordinanza del presidente della Regione Nello Musumeci fissa regole più rigide, con l’insorgere della seconda ondata: uso obbligatorio delle mascherine fuori casa quando si è tra estranei per tutti coloro che hanno più di 6 anni, registrazione e tamponi rapidi per chi proviene dall’estero, controlli periodici sul personale sanitario e sui soggetti cosiddetti fragili, oltre ai divieti di assembramento. Il 12 ottobre la provincia di Messina ha la sua prima zona rossa: a causa di una escalation di contagi, a Galati Mamertino viene istituito il “lockdown” dalla Regione. Il contagio corre ovunque, in Sicilia, inducendo il governatore Musumeci, il 24 ottobre, confortato dal comitato scientifico, a firmare nuovi provvedimenti con ulteriori restrizioni: il giro di vite riguarda movida e trasporti, ma non solo. Didattica a distanza in tutte le scuole superiori e capienza ridotta al 50% sui mezzi di trasporto pubblico sono i punti fermi dell’ordinanza “anti-Covid”. Ma c’è anche un “coprifuoco ” generalizzato dalle 23 alle 5 del mattino seguente. In piazza, però, tornano la rabbia e la paura degli esercenti per un futuro che è di nuovo nero.
La Sicilia "arancione"
Per quasi tutto il mese di novembre (dal 4 al 28) la Sicilia è “zona arancione”. Il che significa: divieto di spostamenti in un’altra regione e da un comune all’altro, salvo che per lavoro, salute, necessità; chiusi bar e ristoranti; asporto consentito fino alle 22; chiusura dei centri commerciali; aperti negozi, farmacie, parafarmacie, tabaccherie, edicole; confermata la didattica a distanza per le Superiori, “in presenza” fino alle Medie. A Messina, invece, il sindaco De Luca, il 6 novembre, proroga di altri tre giorni la chiusura di tutte le scuole, puntando ancora una volta il dito contro l’incapacità dell’Asp di tracciare il contagio. Asp di Messina che finisce sotto i riflettori non solo per la gestione generale dell’emergenza, ma anche per il caso del Covid Hospital di Barcellona, le cui terapie intensive mai attivate finiscono anche in diretta nazionale sul Tg1. La Procura di Barcellona, guidata da Emanuele Crescenti, apre un fascicolo, mentre all’Asp gli unici provvedimenti colpiscono la direttrice sanitaria dell’ospedale, Felicia Laquidara: per lei due trasferimenti in 48 ore, il primo a Milazzo, all’indomani del servizio del Tg1, il secondo a Lipari. La Uil non esita a definirlo un «atto punitivo». Sul fronte regionale, una bufera mediatica investe direttamente l’assessorato regionale alla Salute. È lo stesso assessore Razza a sollecitare l’invio in Sicilia degli ispettori del ministero della Salute e i carabinieri del Nas. Ad aprire il caso, il 21 novembre, il dirigente dell’assessorato Mario La Rocca, tra i burocrati in prima linea nell’emergenza. In un audio, inviato in una chat con i manager di Asp e ospedali siciliani e finito sui giornali, La Rocca “spinge” sui numeri di letti in terapia intensiva e reparti ordinari da comunicare al Governo per evitare che la regione diventi zona rossa. Razza difende il suo dirigente, ma anche la veridicità dei dati trasmessi a Roma sui posti letto in Sicilia.
La speranza nasce col V-Day
A dicembre Regione interviene in maniera decisa (finalmente) sull’Asp di Messina. Due le mosse dell’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, ufficializzate il 17 dicembre: la nomina di un commissario ad acta, Marzia Furnari, per la gestione dell’emergenza Covid; l’invio di una commissione d’inchiesta, che nell’arco di 7 giorni è chiamato a valutare l’operato del direttore generale La Paglia. Il 24 dicembre la relazione degli ispettori arriva sul tavolo dell’assessore, appeso a un filo l’incarico di La Paglia. L’anno, però, si conclude con un’immagine di speranza: il 27 dicembre anche in Sicilia è il V-Day. Massimo Geraci, primario del pronto soccorso del Civico di Palermo, è il primo siciliano a vaccinarsi contro il Covid. Giacomo Caudo, presidente dell’Ordine dei medici di Messina, è invece il primo messinese. Il miglior viatico all’inizio del 2021.
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