Una favola da uomo del sud, costretto a lasciare lo Stretto a sedici anni per assecondare un talento naturale, adottato da Mastromarco e poi divenuto ambasciatore dell’italia che pedala come lo sono stati Saronni e Moser.
Aveva già vinto il giro prima di partire, perché favorito d’obbligo. Poi lo aveva perso quando la cronoscalata di alpe di Siusi lo aveva schiacciato fuori dal podio. Ma è proprio lì che è venuto fuori il Nibali che ora tutti osannano. Quel ragazzo oramai 31 enne che scrive “ Sono umano e non me ne vergogno”.
Non ci sono invincibili o supereroi nello sport come nella vita, ma ci sono vincenti. E Nibali lo è nato. Perché la fatica e l’umiliazione la conosce come la conoscono quelli delle nostre parti, che poi – ed è questo il messaggio che lancia a tutta la sua terra – però hanno la volontà di rialzarsi sui pedali e continuare a sprintare.
Con il giro vinto o non vinto- ha ragione sua mamma- nulla sarebbe cambiato . La lezione l’aveva già data venerdì, quando a duemila metri, in mezzo alla neve- lui, uomo cresciuto a due passi dal mare – ha messo tutti in fila prima di scoppiare nel pianto più dolce.
Quello dedicato alla sua risurrezione sportiva con le lacrime che scorrevano anche per Rosario, il suo fan, chissà, il suo erede, morto troppo presto anche solo per vedere Enzo Nibali di nuovo tutto rosa.
Ieri Stello Costa, il papà di Rosario, ha detto “ mi piace pensare che una mano dal cielo gliela abbia data mio figlio”. Certo che gliela ha dato una mano a Vincenzo, perché le montagne sono più vicine al cielo.
Nibali orgoglio dell’Italia del sud. Quattro grandi giri, tutti i più importanti come solo gli eletti sono riusciti a fare e poi il piacere di sentirsi esempio di una terra che aspetta di scalare la montagna della rinascita.
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