Messina

Venerdì 22 Novembre 2024

Sopravvivere a Ginostra: 40 residenti eroi alla ricerca di futuro

Una popolazione già ridotta ai minimi termini rispetto al passato, con sempre più anziani e con i pochi giovani che, al di là dell’amore e dei rapporti familiari che li legano alla terra natia, hanno davvero pochi “stimoli” per restare. Questa è Ginostra, piccolo borgo dell’isola di Stromboli, che, in atto, conta una quarantina di abitanti, alcuni dei quali, per le precarie condizioni di vivibilità e per dare un futuro ai propri figli, “svernano” altrove, preferibilmente a Lipari e Milazzo. Eppure, nel passato, questa era una comunità “viva”, fortemente radicata sul territorio. Basti pensare che, ad inizio ‘900 contava ben 800 abitanti, dediti, in particolare, all’agricoltura e alla pesca. Il “declino demografico”, iniziato negli anni della Prima guerra mondiale, è stato caratterizzato da una serie di tappe che vanno dall’eruzione dello Stromboli del 1930 alla Seconda guerra mondiale, all’epidemia di fillossera, che distrusse i rigogliosi vigneti e spinse gli abitanti a lasciare il borgo per cercare fortuna altrove, in particolare in Australia. La popolazione, già fortemente decimata e ridotta ad una settantina di unità, subisce un altro colpo nel periodo che va dal 1960 al 2000, quando una trentina di abitanti, di fronte alle difficoltà per poter avere l’energia elettrica (arriverà solo nel 2004) e un porto sicuro, decide di abbandonare il borgo. Resta lo “zoccolo duro” della comunità, che seppure abituato, da sempre, a convivere con il vulcano, riesce, di contro, a fronteggiare con sempre più crescente difficoltà il quotidiano: dall’ufficio postale aperto solo un giorno alla settimana, e quando il mare lo permette, all’erogazione dell’energia elettrica, spesso ballerina, per via di una centralina fotovoltaica ormai vetusta e che necessiterebbe di “un cambio di passo” previsto, ma che, nonostante i fondi disponibili, non si concretizza. Per non parlare poi della rete idrica o dello smaltimento dei rifiuti. E ancora, l’ultima piaga costituita dal migliaio di capre selvatiche che, scendendo dallo Stromboli, creano disagi e danni, “assaltando” le colture, distruggendo i muri a secco e scoraggiando quei pochi che ancora si dedicano all’agricoltura e alla storica raccolta a mano dei capperi. Vivere a Ginostra o sopravvivere, così come sostengono gli abitanti, è diventata una vera e propria impresa e ad acuire il senso di abbandono ci si mettono anche le Istituzioni, non sempre pronte (ci sarebbe da dire quasi mai) a fare sentire la loro presenza attraverso quei necessari e richiesti interventi sul territorio, in modo da dare ai ginostresi, perlomeno, un maggiore senso di sicurezza. L’ultimo emblematico esempio è rappresentato dal post nubifragio dello scorso 19 ottobre. Nonostante le stradine e vie di fuga inagibili, con a rischio anche la pubblica incolumità, non si è proceduto ad un intervento di somma urgenza: con la farraginosa macchina burocratica che, nonostante gli accorati e disperati appelli, ha prodotto il finanziamento per gli interventi solamente dopo tredici giorni. Un motivo in più per gli “eroici” ginostresi che ancora risiedono nel borgo per ripensare se forse non sia meglio davvero mollare tutto.

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