Un paradiso di mare e sabbia che incanta i suoi fruitori molto al di là dei limiti e dei problemi che lo accerchiano e quasi lo umiliano.
È il paradiso delle montagne di sabbia di Capo Rasocolmo, cui quasi tutti arrivano dalla parte terminale del lungomare di San Saba, lì dove il borgo dei pescatori si fonde con Piano Torre. Nell’estate che volge al termine questo scrigno di bellezza sabbiosa, con i suoi tramonti giallo-arancio e con i gigli di mare che dipingono il paesaggio, ha registrato flussi quotidiani considerevoli, specie dal venerdì al domenica. Ma non registra solo, è evidente, aspetti positivi.
Purtroppo, come tutti presto sperimentano, questa parte di San Saba, la più naturalistica e paesaggistica, continua ad essere ferita da due questioni irrisolte. La prima è comune a tante altre parti della città ma qui pesa il doppio: l’inciviltà squallida di chi lascia nella vegetazione dunale ogni tipo di rifiuto o di rottame: dal sacchetto fino a un gigantesco tubo nero da noi immortalato.
Ma, ancor più degli scaricatori, in questa meravigliosa zona costiera, pesa come un macigno il fatto che la questione dell’erosione costiera, con tutte le conseguenze dirette ed indirette, sia ancora irrisolta. Alcuni anni fa, il tratto stradale più eroso, a meno di 100 metri dalla discesa nella spiaggia delle montagne, è stato di nuovo protetto con la manutenzione straordinaria della mantellata di massi sottostanti.
Questo tipo di protezione emergenziale, si estende al di sotto della sezione stradale, per diverse centinaia di metri a partire dal paradiso naturalistico e in direzione nord, in corrispondenza del vecchio guard-rail. Ci si rende presto conto, percorrendo l’area dalle Montagne sino al tratto del waterfront in cui inizia l’illuminazione comunale, di quanto sia estesa la zona alla quale la soluzione del problema dell’erosione assicurerà probabilmente condizioni di piena sicurezza per le auto e i pedoni, ed una fruizione del demanio accessibile, finalmente, a tutti: diversamente abili ed anziani compresi. Il nodo chiave è proprio quello del rapporto con l’avanzamento del mare.
GLI ACCESSI AL MARE – Sia quello al paradiso naturalistico che i due varchi esistenti, a meno di 100 metri l’uno dall’altro, si caratterizzano per una inevitabile rudimentalità. La discesa dalla fine della stradella alla spiaggia delle montagne è, delle tre, la meno scoscesa ma ai suoi fruitori, aggirato il macigno, offre sulla terra e tra le canne, solo una corda. È comunque abbastanza piana. Le altre due discese sono, rispettivamente, uno scivolo per barche, in pendenza, cementato e pietroso, ed un percorso piuttosto accidentato tra le pietre in cui, oltre a una corda, sono a disposizione dei paletti di ferro coperti da bottiglie di plastica per tenersi senza farsi male. Risultano tutti parimenti indispensabili per l’accesso al mare ed è evidente che il Comune potrebbe migliorarli. Ma verosimilmente lo farà solo quando scioglierà il nodo dell’erosione. Non a caso, il vecchio guard rail “autostradale” funge da requisito di sicurezza, diversamente da tutto il restante lungomare di San Saba dove prevale il muretto con “spalliera” ed esiste anche il marciapiede perché la spiaggia è grande. Il Comune, però, potrebbe e dovrebbe garantire, già nel presente, l’illuminazione, anche alla fascia costiera sud di San Saba, che è abitata, attrattiva di turismo e non merita certo l’attuale buio pesto notturno. Così come altrettanto doveroso sarebbe, da parte di chi di competenza (Anas o Comune?) dotare di lampioni anche la frequentatissima strada curvilinea che dalla Statale 113 discende direttamente a Capo Rasocolmo.
IL PROGETTO – La soluzione radicale di molti problemi è il progetto di protezione della costa da circa 15 milioni che, oltre a Capo Rasocolmo, interesserà Acqualadrone, Rodia, Marmora e Mezzana. Un progetto complessivo che è stato redatto da professionisti per conto del Comune, e che l’Amministrazione Basile ha da tempo inviato alla Struttura commissariale regionale per il dissesto idrogeologico. Come spiega il direttore generale Salvo Puccio «le opere sono finanziate grazie all’Accordo di Coesione». Naturalmente, perché si arrivi alla gara, occorrono tutti i pareri, e in particolare la Valutazione d’incidenza ambientale. Tutto giusto: ci si augura che l’iter regionale non finisca in palude.
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia