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“Diritti d’aMare”: a Messina lo “Stretto Pride” con un fiume arcobaleno senza limiti e barriere

Colori, musica, sorrisi. E una parola che riassume tutto: amore. Senza steccati – quelli del pregiudizio –, senza paletti – quelli che la società ancora oggi impone –, senza il dolore che un dito puntato può provocare. Il Pride è la giornata dei diritti, delle rivendicazioni e della manifestazione di sé, di una propria identità talvolta celata perché altri chiedono che non venga palesata. A Messina lo “Stretto Pride” è ormai un appuntamento fisso da anni e anche in quest’edizione, nonostante la scelta di un sabato di fine luglio come data, è stata un successo. Un fiume arcobaleno lungo le strade di Messina, da piazza Antonello a piazza Unione Europea, passando per corso Cavour, via Tommaso Cannizzaro e via Garibaldi. In testa il classico “carro dell’amore”, tra balli e musica a tutto volume, e poi striscioni, cartelli, messaggi o semplicemente una presenza che è più che sufficiente per dar forza all’evento, voluto come sempre dalle associazioni della comunità Lgbtqi+ e patrocinata dal Comune.

Giornate come questa sono ancora necessarie «per difendere i diritti acquisiti e per acquisirne di nuovi – spiega Rosario Duca, presidente di Arcigay –. Anzi, mai come quest'anno è importante scendere in piazza e farlo incazzati, perché la situazione politica è quella che è, si sta tentando di riportare indietro l'orologio del tempo. C'è ancora omofobia, lesbofobia, transfobia, di misoginia, situazioni che sono nel Dna di troppe persone che non hanno compreso che vivere insieme significa rispettarsi ed avere un'altra identità è solo una ricchezza, non un problema. Messina è una città molto aperta, lo dimostra anche l'amministrazione comunale, lo dimostrano le società partecipate, l'università, aziende come la Caronte, Messina è una bellissima città, da questo punto di vista».
Se si scende in piazza è perché persistono ancora troppi “se” e troppi “ma” di fronte alle diversità. E una delle accuse che spesso vengono mosse è quella della presunta ostentazione: «Nel mondo bisognerebbe preoccuparsi di cose un po' più consistenti, piuttosto del modo in cui una persona scende in piazza a manifestare per i propri diritti. E se a qualcuno non piace ci si può sempre girare dall'altro lato» risponde con serafica decisione un manifestante.
In piazza ci sono anche famiglie. E ci sono Andrea e Stefania, mamma e figlia, con tanto di cartelli. «I figli si amano a prescindere da chi loro vogliono amare. Mamme non giudicate mai i vostri figli», dice Andrea. E Stefania, accanto a lei, le fa eco: «Scendiamo in piazza perché c’è ancora bisogno di manifestare, qui non ti giudica nessuno e ti fanno sentire tutti bene. Troppe volte, invece, ci si sente giudicati, a scuola o a lavoro. E ci si sente soli».
Il Comune di Messina fa la sua parte: «Questo percorso parte da lontano – rivendica l’assessora alle Pari opportunità, Liana Cannata –, insieme abbiamo fatto tante iniziative e abbattuto certe barriere mentali. Dobbiamo garantire a tutti l'amore e la libertà». A Palazzo Zanca e nelle partecipate è realtà il regolamento della “Carriera Alias”, che può essere richiesta da tutte le persone transgender e non binarie che lavorano nell’ambito del Comune. «È un regolamento che ci vede secondi in Italia e primi in Sicilia – ribadisce Cannata –, noi ci mettiamo la faccia per dire che ci siamo e ci siamo tutto l'anno».

Ma le diversità e il bisogno di pari opportunità investono anche altri ambiti, come la disabilità. Rosario Becchina arriva da Palermo in piazza, ad esempio, per il Disability Pride: «La nostra idea è semplice: mettere insieme tutti i tipi di disabilità, visibile e invisibile, e rendere accessibili tutti i tipi di manifestazione. Questo pride, ad esempio, non sarebbe accessibile alle persone autistiche per la musica troppo alta. I diritti si devono conquistare e si devono difendere e se non puoi scendere in piazza non li puoi difendere».
E di diritti da difendere, con le unghie e con i denti, ce ne sono. Cgil, Cisl e Uil hanno portato anche al Pride la loro raccolta firme contro l’autonomia differenziata (e ha firmato anche il sindaco Federico Basile). E di diritti si occupa, ogni giorno, l’avvocata Maristella Bossa, in prima linea nella «battaglia per l’identità familiare, che può essere riconosciuta solo tramite l’annotazione alla nascita del cognome di entrambi i genitori: i figli delle coppie omogenitoriali non devono essere discriminati. La strada è ancora da battere, ci auguriamo che non sia lunga, possiamo sperare nell'intervento sostitutivo della Corte Costituzionale rispetto all'inerzia del legislatore e possiamo dire che nella nostra città l'amministrazione si è sempre posta all'ascolto e credo che non eviterà di farsi parte attiva di una lettura costituzionalmente orientata delle norme che prevedono il riconoscimento dei figli nati da procreazione medicalmente assistita. La famiglia è unica ed è fondata sull'amore, sul rispetto e sull'accudimento dei propri figli e non si può chiamare famiglia solo quella “tradizionale”. La famiglia è laddove c'è amore, un concetto universale che neanche il nostro Governo potrà cancellare.

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