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Ben, il barbiere-pugile di Messina arrivato da Lampedusa

Un ragazzo tunisino, due benefattori messinesi e una bellissima storia di integrazione

«Lo sport ha permeato sempre le mura di casa. Papà ha sposato il judo, mio fratello la Kick boxing mentre io ho scelto come filosofia di vita la boxe». Quello del pugilato lo descrive come un sogno grande da inseguire da sempre. A tutti i costi. Considerando che la vita è scandita da un tempo che non concede seconde chance. Ed è stata questa la molla che lo ha portato a 16 anni a decidere di partire, affrontare il mare, e respirare l'orizzonte di un futuro migliore. Chaw Ki Ben Khalifa nella città dello Stretto ha trovato poi due angeli custodi. Uno, Angelo Cipriani, gli ha offerto la possibilità di lavorare e di costruire un presente tra pettini e forbici, l'altro, il maestro Alfredo Natoli di allenare con passione la sua voglia di riscatto "armato" di guantoni e resilienza.

Il viaggio

«Il mio viaggio dalla Tunisia – racconta Ben – è impossibile da dimenticare. Era l’ottobre del 2021 ed eravamo in trentaquattro a soffrire le intemperie e sperare di arrivare all'agognato momento in cui avremmo chiamato i nostri cari per dire “è tutto apposto”. Come tanti cercavo un futuro migliore ma non dissi nulla a mamma per paura di farla preoccupare. Approdai a Lampedusa, poi sono stato trasferito in un centro di accoglienza ad Agrigento. Ultime tappe Catania e Messina». Il valore del sacrificio il giovane lo ha imparato molto presto. A casa seguendo le orme del papà ha lavorato come meccanico e sporadicamente come barbiere. E come in un film, Angelo, colui che sarebbe diventato il suo mentore, un giorno, mentre si trovava a fare volontariato dai Rogazionisti, a Cristo Re, posò gli occhi su di lui.

Il lavoro

Un ragazzo talentuoso e non qualunque che stava tagliando con una macchinetta i capelli ad un amico su una sedia sgangherata: « Anche questo episodio lo ricordo bene. Angelo sorrise – continua nel racconto – Mi guardò e disse: “Ti piacerebbe venire a lavorare con me?” . Non nascondo che inizialmente pensavo fosse uno scherzo ma poi ha aggiunto orario e indirizzo dell'appuntamento facendomi ricredere immediatamente».
Il tempo dello stage è passato e ora il ragazzo ama definirsi barbiere a tutti gli effetti. «Messina – afferma con fermezza – è una città che mi ha accolto bene e oggi il mio grazie più sincero va ad Angelo e Alfredo che sono diventati come una seconda famiglia e mi stanno aiutando davvero a crescere. Anche se non nascondo che mi piacerebbe che anche mio fratello, riuscisse a venire qui. In Tunisia anche lui fa il mio stesso mestiere e averlo qui sarebbe davvero il proseguimento di un sogno perché siamo cresciuti insieme, come se fossimo gemelli». I sogni nel cassetto sono tanti. «Molti – rimarca Ben – non pensano al futuro mentre io appena arrivato in Italia ho pensato sin da subito che avrei voluto dare concretezza a tutto quello che ho fatto».

La speranza

Angelo guarda Ben con occhi di padre: «Il bene , frutto di questi gesti, non è mai unilaterale ma è a doppio senso. Io ho tratto e continuo a trarre da questa magnifica esperienza tante cose. Ho imparato davvero cosa significhi la parola inclusione. E mi auguro che il nostro domani sia ancora più accogliente. Ben l'ho scelto perché è scattata la voglia di toglierlo dalla strada e gli ho voluto offrire un posto che garantisse qualche sicurezza. Non nascondo che per un attimo ho pensato che potesse essere un mio figlio considerando la sua giovane età». L'idea di arricchire questa bella storia con un nuovo capitolo felice? «Mi ha raccontato di suo fratello, dei suoi sogni, delle opportunità negate. E come sempre l'ho rassicurato e gli ho detto “Portiamolo qua”. Ora attendiamo i fatidici 18 anni, con la speranza che anche lui possa venire a lavorare con noi».

 

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