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Il neurochirurgo Alfredo Conti: “Essere un 'migrante' è un valore. Ma mi piacerebbe tornare a Messina”

«Essere migrante è un valore. Ogni viaggio aggiunge vita e ad un certo punto ti rendi conto che è una pecca non aver esplorato il mondo». Il prof. Alfredo Conti, neurochirurgo, classe 1973, è balzato agli onori della cronaca nazionale perché per la prima volta in Italia ha impiantato con un team multidisciplinare a un malato di Parkinson un dispositivo di ultima generazione per la neurostimolazione profonda all' Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna. Nel concreto un freno per tenere a bada la malattia neurodegenerativa. La cosa curiosa? Il signor Gabriele Selmi, dopo l' intervento miracoloso, punta a superare sé stesso in segno di resilienza attraversando lo Stretto a nuoto.

Gli inizi

Ma riavvolgiamo il nastro della storia. Partendo dagli inizi: « Non sono figlio d'arte – racconta Alfredo Conti – ho realizzato il sogno di mio papà rimasto orfano molto presto. Fare il medico è un privilegio che ti permette di conoscere l’animo umano nel profondo, senza veli. E così dopo gli anni di studi al liceo classico “La Farina” che ricordo tra i più belli mi sono iscritto a medicina e chirurgia studiando intensamente, sia per essere ammesso che dopo». Correvano gli anni novanta e allora il professor Dino Bramanti stava mettendo in piedi il progetto dell' Irccs Bonino Pulejo dopo un periodo al Policlinico: «L'ho visto nascere – ricorda – e insieme ad altri studenti supportavamo le attività cliniche. A 23 anni, nel 1997, la laurea con lode e poi mi sono specializzato in neurochirurgia sotto la guida del professor Tomasello che è stato un maestro per me e tanti». Nella città dello Stretto un percorso lungo fino al 2017 e nel mezzo tante esperienze, la ricerca universitaria, e tanti viaggi in America: Miami, Dallas, Florida per conoscere nuove frontiere. Fino a quando si è fatta più pressante l'idea di andare a lavorare fuori: «Allora presi contatti con Amedeo Calisto, consultant, primario per dirla all'italiana, a Oxford, l'idea era di raggiungerlo ma poi una nuova meta, Berlino, si aprì all'orizzonte e la mia permanenza in Germania è durata dal 2017 al 2019, fino all'approdo a Bologna in un centro di chirurgia tra i più importanti in Italia.

Il progetto

Qui apro una parentesi peloritana perché sono stato accolto con entusiasmo dal dottor Carmelo Sturiale, direttore dell’unità operativa complessa di neurochirurgia dell’Ospedale Bellaria di Bologna, che mi ha offerto la possibilità di portare avanti, tra l’altro, un progetto che mi stava a cuore dai tempi messinesi: « È l’evoluzione di una tecnica chirurgica che esiste da una ventina di anni e nella città dello Stretto era stata possibile grazie a Lillo Morgante prima e alla figlia Francesca poi, neurologi con grande esperienza, insieme ai miei colleghi Gerardo Iacopino e Sebastiano Lucerna. La tecnica di base consiste nell’impianto di due elettrodi nei nuclei cerebrali profondi che controllano il movimento del paziente – chiarisce –. Questi due elettrodi, che devono essere posizionati con estrema precisione sono collegati a un pacemaker, che attiva una stimolazione cosiddetta open, in aperto, unidirezionale, in modo costante con delle variazioni che vengono effettuate e seguite dal medico, normalmente il neurologo, che le regola in base alle esigenze del paziente. Da alcuni anni abbiamo a disposizione una tecnologia veramente rivoluzionaria: la possibilità di avere un feedback, quindi non solo la stimolazione ma possiamo registrare l’attività dei neuroni del paziente a livello quasi molecolare e ottenere una stimolazione più adatta alle reali esigenze del paziente».

I benefici

Questo offre una serie di benefici, sia per il paziente che può ricevere un trattamento più adeguato alle sue esigenze che possono variare nel corso della giornata o delle settimane, sia per avere un risparmio di energia per quanto riguarda lo stimolatore che dura un tempo maggiore: «Abbiamo lavorato su questo per molti anni in gruppo con neurologi, neuroradiologi, fisiatri, neuropsicologi e anestesisti dedicati alla neurostimolazione profonda – sottolinea rimarcando il lavoro di squadra – questo ci ha consentito di ottenere un rilievo nazionale e siamo stati selezionati per essere capofila per l’applicazione di questa ultima tecnologia disponibile » Tuttavia non tutti sono candidabili a questa complessa procedura: «in generale, i candidati sono pazienti piuttosto giovani, cognitivamente integri, in uno stadio di malattia non estremamente avanzato. La stimolazione consente non solo di ridurre di circa il 50 per cento i sintomi, – precisa – ma della stessa percentuale anche i farmaci ed evitare i gravi effetti collaterali dei medicinali. La vita cambia così in modo straordinario ». L'eccellenza messinese ai giovani consiglia sempre di crederci, scegliere la strada più difficile, ma che offre maggiori opportunità e non nasconde congedandosi che gli piacerebbe tornare a casa un giorno: «Ho investito moltissimo – conclude –e porto avanti tantissimi progetti qui a Bologna ma certamente occuparmi delle persone che mi sono vicine, mettermi al servizio dei messinesi, mi manca molto».

 

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