Da sempre una vocina interiore lo spingeva a comprendere il come e il perché delle cose, mentre la consapevolezza forte era che qualsiasi concetto immagazzinasse prima o poi avrebbe fatto la differenza. Domenico Giannetto, classe 1997, studente di dottorato, è stato recentemente premiato in Spagna, alla terza edizione di “Tecnun student research conference”, nata per promuovere la divulgazione scientifica. Il suo presente è lavorare per ideare protesi più ottimali. «L'ingegneria? È un mondo – racconta – in cui si utilizzano matematica e fisica per risolvere problemi pratici e si prospettava come una strada che potesse essere funzionale al mio obiettivo, che diventava più entusiasmante, di fronte all’idea di avere a che fare con problemi legati alla salute delle persone e per questa ragione la scelta è ricaduta sul campo biomedico».
Gli studi
L’Ingegneria biomedica era inesistente a Messina, l’opzione più vicina era Catania, mentre altre opzioni come l’Università di Bologna, il Politecnico di Torino, “La Sapienza” di Roma e il Politecnico di Milano occupavano le posizioni più alte nelle classifiche nazionali e internazionali. «Ebbi la possibilità di fare il test d’ingresso per il Politecnico di Milano a metà del mio ultimo anno di liceo e fu in quella circostanza che cancellai ogni dubbio: in quei pochi giorni immerso nella dinamicità milanese, circondato da una varietà di persone a cui non ero abituato, ho respirato la “possibilità di diventare chi avrei voluto essere”. Professionalmente e personalmente. Grazie al supporto della mia famiglia, ho potuto seguire questa “sensazione”, scegliendo di studiare al PoliMi, dove ho completato il triennio in Ingegneria biomedica e, successivamente conseguito la laurea magistrale in Biomeccanica e biomateriali».
I primi lavori
Poco dopo si presentò l'opportunità di lavorare in un’azienda leader nel settore della consulenza informatica, “Accenture”. E consapevole che l’ambito sarebbe stato diverso da quello per cui si era formato, il giovane decise di accettarla per iniziare a mettere qualcosa da parte e, prendersi del tempo per riflettere: «Nonostante sia stata un’esperienza formativa presto mi accorsi che quel lavoro non mi appagava. E arrivò in soccorso il lavoro della magistrale. Sotto la guida del professor Migliavacca, con la mia collega Valentina Vullo, ho lavorato a una tesi centrata sulla validazione di simulazioni computazionali finalizzate a prevedere l’esito di operazioni di rimozione di trombi sanguigni effettuate con diversi tipi di stent facente parte del progetto di ricerca europeo “Horizon2020 Insist” che aveva come obiettivo quello di generare popolazioni virtuali di pazienti con ictus ischemico acuto e di creare dei modelli in silico, legati al suo trattamento».
Il dottorato di ricerca
E di quei momenti ricorda l'entusiasmo di chi lavorava insieme per generare nuova conoscenza: «Il desiderio di riprovare quelle sensazioni e la consapevolezza che un dottorato di ricerca mi avrebbe portato in quella direzione mi hanno spinto a cercarne uno. La svolta arrivò consultando il sito della “European Society of Biomechanics”, dove lessi che la scuola di Ingegneria “Tecnun”, con sede a San Sebastián, offriva la possibilità di intraprendere un dottorato di ricerca sull'ottimizzazione di protesi d'anca mediante l’integrazione di strutture porose nel loro disegno che permetterebbe, da un lato, una riduzione della rigidezza complessiva dell’impianto e dall'altro consentirebbe al tessuto osseo di crescere all'interno della protesi e garantire una maggiore stabilità dell'impianto a lungo termine». “Tecnun” possiede una stampante che permette la realizzazione di tali strutture porose tramite una tecnica di manifattura additiva chiamata “Lpbf-Laser Powder Bed Fusion”. Avere a disposizione questa tecnologia garantiva la possibilità di condurre uno studio nella totalità delle sue fasi, dalla progettazione, alla simulazione computazionale, alla validazione sperimentazione. Allettato dalla prospettiva di tale studio il giovane inviò la candidatura e dopo una selezione fu ammesso.
Il progetto
E il lavoro accende entusiasmo: «La mia ricerca attualmente si focalizza sull’influenza dei parametri di processo coinvolti nella manifattura sulla qualità dei provini prodotti. Infatti, nonostante le promettenti potenzialità della “Lpbf”, le stampe non risultano prive di difetti, i quali risultano tanto più impattanti quanto più è piccola la scala delle strutture realizzate. Esempi sono un’indesiderata rugosità superficiale, una variazione micrometrica dello spessore delle colonne portanti di tali strutture rispetto a quella voluta, e la presenza di una imprevista microporosità interna alle strutture. Lo scorso 17 gennaio ho potuto condividere i primi risultati della mia ricerca tra i quali, una correlazione tra l’energia applicata con il laser durante la manifattura e le dimensioni dei provini prodotti. E la correlazione permette di calcolare l’energia da fornire affinché si ottengano provini della dimensione che si desidera. Ed è stata una piacevole sorpresa scoprire che il mio poster è stato votato come il migliore della sessione mattutina».
Il futuro
I sogni nel cassetto sono tanti: «Il mio desiderio è quello di continuare a operare nel mondo della ricerca. Sento ancora la vocina che sussurra di fare la differenza. E in campo lungo mi piacerebbe intraprendere la strada dell’insegnamento . Ai ragazzi invece dico – conclude – di riflettere su ciò che si sente. Durante l’esperienza in “Accenture”, interrogandomi sul mio stato emotivo ho riconosciuto l’insoddisfazione e individuatole alternative». E di fatto è stata questa la strada per crescere.
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