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Lui è il 33enne psichiatra messinese Francesco Pantò, ma in Giappone è il “dottor Manga”

In Giappone lo chiamano il “dottor Manga”. Francesco Pantò, 33 anni, originario di Nizza di Sicilia (Messina), è psichiatra in quattro ospedali giapponesi ed è divenuto popolare nel Sol Levante con la sua “Anima Therapy”, una terapia particolare che utilizza le “storie” per affrontare le tematiche psicologiche più delicate.

Cosa porti della tua formazione siciliana in Giappone?

«Sicuramente la cosa che porto più nel cuore è la formazione che ho ricevuto durante i miei anni nel liceo classico di Santa Teresa Enrico Trimarchi. E ovviamente mi porto anche la mia famiglia: mamma Silvana, mia sorella Lucia e la zia Pina che, nonostante le distanze, mi sostengono sempre con un affetto e calore molto siculo. Proprio la distanza ha acuito la bellezza che la Sicilia riflette in me. Mentre prima davo tutto per scontato, adesso quando ritorno sono molto più grato a questa terra così ricca di cultura e risorse».

Come usi gli anime e i manga per la tua attività professionale?

«Durante i miei anni di studio al dottorato Ph.D. alla “Tsukuba University” con il mio mentore Saito Tamaki , l’inventore della parola giapponese Hikikomori (giovani che si rinchiudo in casa e non escono per anni ) ho pensato di usare le stesse produzioni come appunto anime, manga e giochi che vengono definite un rischio di isolamento per queste persone, come cura. Dopotutto è la dose che fa il veleno. E facendo ricerca ho capito che la forza delle storie è straordinaria. Leggendo e guardando le storie noi impariamo di più su noi stessi e sulle nostre emozioni. In Giappone il mercato del “fiction” è un mercato super attivo e pullulante di idee. Ogni anno vengono prodotti migliaia e migliaia di anime, manga e giochi. La mia idea è di usare queste produzioni principalmente in due modi: nel contesto clinico, durante il “counseling” del paziente. Spesso rendersi conto dei propri problemi può essere difficile, invece proiettandosi in un personaggio di un manga anime gioco, ci si può rendere conto di molte cose. Quindi l’idea è quella di usare questa tecnica di “counseling” prima partendo dalla storia e poi spostando l’attenzione sul paziente. L’altro aspetto è un po’ più futuristico e prevede la messa a punto di un gioco interattivo che “veda” le emozioni del player. Con una parte normale di avventura e una parte di interazione con i personaggi del gioco che funziona un po’ come una seduta dallo psichiatra però in un modo mascherato, nel senso che il player ha l’impressione solo di parlare con il suo personaggio preferito. È un progetto molto calato nel “metaverso “ o realtà virtuale».

Cosa ti aspetti dal futuro?

«Sono stato il primo italiano e ancora l‘unico ad avere la licenza medica giapponese. Esercito come psichiatra a tempo pieno in un Policlinico universitario prestigioso come la “Keio University” e ho un dottorato alla “Tsukuba University”. Però uno dei miei più grandi sogni nel cassetto è quello di unire la mia attività di medico con quella di scrittore creativo. Una strada nuova, che oltrepassa la medicina, piena di sfide ma la percorrerò».

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