In migliaia dietro al maestoso Carro Trionfale di sant’Antonio con busto reliquiario, tornato a sfilare per le vie del centro. Poche ore dopo la fine della decima edizione della Notte Bianca, un fiume di fedeli provenienti dalla Sicilia e da altre regioni del sud Italia si sono ritrovate dinanzi al santuario dei padri rogazionisti di via S. Cecilia per accompagnare la machina votiva la spettacolare struttura alta circa cinque metri sovrastata dalla statua di uno dei santi più amati al mondo. Dopo l’inno intonato dal coro dell’Istituto Spirito Santo Annibale Maria di Francia diretto dalla maestra Rosa Villari la processione, presieduta dal vescovo Filippo Iannone, Prefetto del Dicastero Pontificio per i Testi Legislativi della Chiesa Universale che stamattina ha presieduto il solenne pontificale insieme al rettore della basilica padre Mario Magro, ha attraversato le vie del centro scortato dai volontari dei gruppi di Protezione civile e di S. Antonio e accompagnato dal suono festoso della banda di Larderia. Presente anche il sindaco Federico Basile, e una rappresentanza delle Forze dell’Ordine e delle confraternite.
Risale al 1931 la prima “macchina votiva” ideata da Adolfo Romano e sostenuta dall’arcivescovo Angelo Pajno, fu realizzata in occasione dei festeggiamenti per il settimo centenario della morte del Santo. Era una struttura in legno “trainata da sei buoi coperti di rosse gualdrappe e festosamente inghirlandati”, si legge nelle cronache redatte dai rogazionisti. La devozione del Pane era rappresentata da “numerosi manipoli di grano sapientemente distribuiti e intrecciati peri i vari gradini del carro; sull’ultimo, i 12 orfanelli con i gigli in mano. Il carro, adorno di fiori, erbe, palme e bandiere, era illuminato da 150 lampadine pluricolori; in alto dominava l’angelica figura del santo sorridente col Bambinello in braccio”. 60mila persone parteciparono a quel corteo descritto come “onde di popolo fitte e brulicanti che si dilungavano a perdita d’occhio sulle vie immense”. Una tradizione che s’interruppe a causa della guerra fino al 1946, anno in cui venne realizzato il Carro donato dalla Marina Militare, che ancora oggi possiamo ammirare.
La macchina viene sovrastata da un grande mappamondo abbellito da centinaia di fiori e attorniato da 15 bambini con la divisa da marinaretto, segno della predilezione del Santo per i piccoli. Si deve a S. Annibale Maria Di Francia la diffusione del culto a Sant’Antonio nel XX secolo, seconda solo a quella di Padova, dinanzi a un’oleografia venerata nel Quartiere Avignone; un incontro straordinario, nato dopo la miracolosa guarigione dal colera del Canonico messinese, fondatore della Basilica Santuario e degli Orfanotrofi Antoniani. Fu il canonico a istituire alcune pratiche di devozione legate a S. Antonio come il Pane per gli Orfanelli (diffuso oggi in tutto il mondo), i tredici martedì, la festa della Sacra Lingua (il 15 febbraio) e la consacrazione dei bambini ai sacratissimi Cuori di Gesù e Maria per le mani di S. Antonio e dei Santi Angeli Custodi (il 15 agosto). Il 13 giugno 1907 fu portata in processione la prima statua donata dalla nobile romana Caterina Menghi Spada, benedetta dall’allora arcivescovo Letterio D’Arrigo Remondini, destinata alla chiesa dello Spirito Santo annessa all’Orfanotrofio femminile. A seguito delle alterne vicende legate al sisma del 1908, agli incendi degli anni successivi e alle varie ricostruzioni tra cui quella della chiesa baracca con l’Orfanotrofio maschile donata da Pio X e collocata nel Quartiere Avignone, il 12 settembre del 1910 la nobile romana fece dono di una seconda statua che fu poi collocata nel tempio attuale, edificato dal 1921 al 1926.
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