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C'è una giornalista messinese al vertice di Startup Italia

Guida la “Business Unit Media Eventi”, creando occasioni di scambio tra oltre mille start-up e cento grandi aziende

Chiara Trombetta

Penna e taccuino sono stati sempre la sua grande passione. E lei, Chiara Trombetta, classe 1987, ha oltre 10 anni di esperienza nel settore comunicazione e creazione di format di “brand journalism”, eventi e creazione di “community” digitali. Dal 2013 è in StartupItalia dove dirige la “Business Unit Media and Events”. Esperta di nuovi media, comunicazione e progetti di “Open Innovation”. Ha creato occasioni di scambio tra oltre 1000 startup e più di 100 “corporate”-grandi aziende italiane e non. Responsabile e moderatrice di StartupItalia Open Summit, il più importante evento che riunisce l’ecosistema-innovazione italiano.
Dopo la maturità classica hai lasciato Messina per raggiungere Milano. Qual è stato il tuo percorso accademico e che sogni avevi da concretizzare?
«Sono partita con l’obiettivo di frequentare la Scuola di giornalismo dopo la laurea, anche se credo che a 18 anni si parta sempre con un po’ di quell’incoscienza propria di quegli anni. Mi sono prima laureata in Scienze e Tecnologie della comunicazione alla Iulm di Milano, ho poi proseguito con la specialistica nella Scuola di giornalismo e poi con l’esame di stato sono diventata giornalista professionista. Ho da sempre avuto come obiettivo quello di voler dare il mio contributo al nuovo modo di fare informazione. Un mondo che vedevo in continua evoluzione, convinta che il giornalismo può e deve cambiare forme e modalità per mantenere alto il suo valore nella società».
Quali sono le esperienze giornalistiche più importanti e cosa ti hanno lasciato?
«Nei primi anni dopo la Scuola di giornalismo ho collaborato con diverse testate locali e nazionali, tra cui La Repubblica di Milano, il Giornale, TgCom e il Corriere della Sera. Credo che la magia di questa professione sia soprattutto quella di poter dare voce a storie diverse tra loro. Diverse interviste, inchieste ed esperienze che hanno contribuito a farmi diventare quella che sono oggi. Credo infatti, come mi diceva spesso uno di quelli che considero tra i miei mentori, Angelo Agostini, che ogni esperienza, anche negativa, ti lascia qualcosa e se siamo pronti a intercettare il cambiamento questo può diventare un potentissimo strumento di crescita. E così è stato per me, la mia passione e curiosità per il mondo dell’innovazione mi ha portata alle startup quando in Italia si parlava pochissimo di questo fenomeno che invece rappresentava già un ecosistema ben sviluppato negli Stati Uniti».
Dal 2013 in StartUpItalia, dove dal 2022 dirigi la “Business Unit Media and Events”. Che cosa è StartupItalia e come è cambiato il tuo ruolo negli anni?
«StartupItalia è una “media company”, ci piace definirci la nuova generazione di editori e broadcaster con una missione: diffondere la cultura dell’innovazione. La nostra esperienza nel costruire community e sviluppare progetti di innovazione, facilita la creazione di nuove imprese, grazie ad un’offerta interamente “in-house” che spazia dal “brand journalism”, alla creazione di eventi e format “edtech”, abilitando percorsi di “open innovation”. In StartupItalia sono entrata prima come redattrice, mi occupavo di progetti di “data journalism” e “visual”, successivamente la mia passione per la creazione di progetti editoriali mi ha spinto nel mondo che da sempre mi appassiona: quello dei progetti media e degli eventi. Sono stata prima responsabile dei progetti editoriali, poi vicedirettrice e oggi dirigo l’intera “Business Unit Media e Eventi”».
Quanto è stato importante intercettare il cambiamento e aprire una finestra sul mondo delle start-up?
«Intercettare il cambiamento è stato per me fondamentale. Ognuno di noi credo che abbia un diverso approccio al cambiamento e all’innovazione in tutte le sue forme. Non credo ci sia una ricetta vincente, ma sicuramente cercare di avere i giusti strumenti per interpretare i cambiamenti che ci circondano è importantissimo. Come? La curiosità prima di tutto, la voglia di scoprire come cambia il mondo attorno a noi, l’approfondimento, il circondarsi di persone e momenti che possono ampliare i nostri orizzonti. Tanto lavoro e poi ovviamente una buona dose di fortuna».
Quali sono le caratteristiche che deve avere una start-up vincente?
«Non credo ci siano delle regole rigide da seguire per avere una startup vincente, questo proprio perché è un mondo in continua evoluzione. Intercettare un’esigenza del mercato e dei consumatori è fondamentale. Se dovessi dirlo in 3 parole: scalabilità, replicabilità e innovazione. La scalabilità è legata alla crescita, per essere tale, una startup deve poter dimostrare una crescita esponenziale senza venire limitata dalla scarsità delle proprie risorse. Ogni nuova impresa innovativa deve poi avere un chiaro modello di business non solo solido e ben strutturato, ma soprattutto replicabile. L’innovazione è sicuramente uno degli ingredienti principali di una start-up, che nasce proprio per risolvere un problema e per facilitare la vita delle persone».
Come è cambiato il giornalismo secondo Chiara Trombetta? E perché parli di giornalismi?
«Il giornalismo è profondamente cambiato negli anni come è inevitabile vista la profonda evoluzione dei media. Oggi la comunicazione è in costante mutamento e questo cambiamento ha coinvolto soprattutto il modo di fare informazione dovendo fronteggiare un nuovo modo di raccontare il mondo. Mai come in questi anni è stato necessario riuscire a sviluppare nuovi strumenti, nuovi modelli di business e nuovi linguaggi che possano rispondere alle esigenze del lettore. Il mestiere del giornalista oggi deve avere molte più abilità tecniche proprio perché ogni media ha un suo esclusivo linguaggio. Credo che nel mondo del giornalismo ci sia stata molta resistenza all’innovazione. In Italia, ma non solo, in molti casi non si è saputo cogliere questo cambiamento e anziché cavalcarlo si è invece combattuto quasi in trincea. Il fine del giornalismo, credo alla fine debba essere quello di sapere raccontare il mondo e le sue storie per dare ai lettori i giusti strumenti per poterlo interpretare. Raccontare storie che possono e devono informare, ispirare e coinvolgere il lettore, per questo non credo, come diceva uno dei miei professori alla Scuola di giornalismo, che esista una solo forma di giornalismo, ma diversi giornalismi che hanno un unico filo conduttore: conoscere e sapere utilizzare i diversi linguaggi. Il giornalismo ha bisogno di essere ripensato anche dal punto di vista della sostenibilità economica dei progetti editoriali per poterne sempre garantire la qualità e la professionalità».

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