Bentornata, Vara. Ci sei mancata, e lo sai. Senza di te, Messina non è la stessa. Sì, è vero, ci sono messinesi che non ti sopportano. Quelli che dai piani nobili giudicano. Quelli che neppure per un giorno riescono a cogliere la bellezza del sudore, delle mani che tirano una corda, dei piedi nudi, di quella macchina ondeggiante che, a scatti, sembra volare come un surf, su un oceano di vesti azzurre e bianche. Ma peggio per loro. Tu ora sei tornata.
Ne sono successe di cose, in questi due anni. La pandemia non è finita, anche se tutti vorremmo che lo fosse. E oggi che si è di nuovo tutti in strada, attenzione e cautela sono necessarie, anche se sarà difficile quando si è tanti a partecipare e ad assistere a un evento come questo. Abbiamo perso, negli ultimi due anni, tanti amici, conosciuti o meno che siano, concittadini che il Covid si è portato via. E stasera, lì, a piazza Castronovo, non ci sarà neppure lui, il “professore”, Franz Riccobono, e sarà strano non vederlo, sarà triste non parlargli. Lui, di te, cara Vara, conosceva tutto, la città ha smarrito un punto di riferimento, prezioso come pochi.
Ma tu, alla fine, cosa sei per noi? Ce lo siamo chiesti mille volte, ce lo chiediamo ogni volta che ritorni. Sei la processione dell’Assunta, e questa è la più scontata delle risposte. Un fatto religioso, per molti sicuramente. Una festa di popolo, è la tua caratteristica, come lo sono Santa Rosalia a Palermo, Sant’Agata a Catania, Santa Lucia a Siracusa, ma come possono esserlo anche le Corse dei Ceri, le Giostre del Saracino, il Palio di Siena. Sei tutto questo, eppure sei qualcosa in più.
Sei diventata la custode dell’identità messinese. E, al di là della retorica, ci insegni cosa sia questa identità. L’essere orgogliosi di far parte di un unico flusso, dove tutti possono dare il loro contributo, dove ci sono i tiratori e i vogatori ma dove anche gli spettatori sono attori protagonisti, perché senza di loro, tu, cara Vara, non partiresti neppure. Un unico flusso, la stessa direzione, un orizzonte da costruire insieme.
Sì, anche questa può essere retorica, e tu, che ne hai viste tante in questi secoli, lo sai meglio di tutti noi. C’è chi voleva, o vorrebbe appropriarsi di te. I boss e i gregari dei clan mafiosi pensano che sei “cosa loro”, come è consuetudine nelle città e nei paesi del profondo Sud, dove è d’obbligo l’inchino delle statue dei Patroni davanti alla casa del “mammasantissima”. Ma tu, cara Vara, ti fai beffe di tutto questo, perché sai che è solo contorno, che non ti sfiora neppure.
Sei una bussola, forse questa è la risposta migliore. In un mondo che non usa più le bussole, che fa uso di navigatori satellitari e diavolerie tecnologiche di vario genere, tu ci riporti alle radici di quel che siamo, all’inizio del viaggio e ci spieghi quale è il meridione e il settentrione, quale sarà il buon vento da seguire, quando è il momento di tirar su o ammainare le vele. Sei la freccia che indica la direzione.
E sei il simbolo di questa città, conosciuto in tutto il mondo. Noi dobbiamo costruire, attorno a te, giorno per giorno, quel bene primario, che è il cuore della nostra storia e del nostro futuro, l’identità, o possiamo chiamarla in altri modi, l’anima collettiva, lo spirito di solidarietà e condivisione. Tu la custodisci, noi dobbiamo sperimentarla e viverla. E fare sì che le nuove generazioni siano orgogliose, come lo siamo noi oggi, di te, di questa città, di vivere tra lo Stretto e i Peloritani, di vestire i colori dell’azzurro e del verde. Orgogliosi di spargere i semi della “messinesità” anche in giro per il mondo, se necessario, ma allo stesso tempo, orgogliosi, e felici di far ritorno qui. E di gridarlo a squarciagola: siamo messinesi, onorati di esserlo. Ecco perché sei la bentornata, cara Vara. Perché oggi ci ricordi tutto questo. Perchè ci sei mancata...
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia