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Dalla Terranova alla Agnello Hornby, la Festa dell’Assunta vista dagli scrittori

La Vara e la letteratura contemporanea, un binomio di grande interesse. A partire dell’ultimo romanzo di grande successo “Trema la notte” di Nadia Terranova, edito da Einaudi, ambientato nella Messina del 1908, in cui si fa riferimento alle “corde sante”, i pezzi di funi utilizzati dai tiratori della Vara che – racconta la scrittrice peloritana – «si dice avessero proprietà magiche e taumaturgiche, guarissero gli ammalati, esaudissero gli auspici».

Tra i testi letterari che descrivono la Vara ci piace ricordare anche quello di uno scrittore messinese (originario di Castroreale) oggi dimenticato, che è stato giornalista e operatore culturale molto apprezzato dagli anni ’60 in poi, Mario Rapazzo. Nel romanzo “Fra terra e cielo” del 1964, la protagonista Anna osserva la processione dell’agosto 1908, l’ultima Vara prima della distruzione del terremoto del 28 dicembre, in cui le «due lunghe file di uomini e donne discinte che a piedi scalzi, chini su una robusta fune, trascinavano una pesante Vara su cui si levavano ad archi sovrapposti e restringentisi verso l’alto, dei cerchi concentrici dai quali appesi a dei solidi ganci, pendevano dei bambini e delle bambine, vestiti di bianco con delle alluce sulle spalle. In cima, ad un altezza dal suolo di circa quindici metri, una madonna col suo manto azzurro e la corona in capo, tendeva il suo braccio sulla folla in segno di benedizione». Rappazzo ricostruisce con attenzione qui momenti di devozione popolare, mentre la musica «scandiva le note di una marcia religiosa e degli uomini gettavano acqua sulle funi e sotto la Vara che scivolava sul selciato della strada fatto di dure lastre di rocca lavica, su delle grosse travi a forma di slitta».

Grande spazio alla nostra festa di Mezzagosto troviamo nel romanzo di Simonetta Agnello Hornby “La monaca”, edito da Feltrinelli nel 2010, che inizia la sua ricostruzione dell’’atmosfera di festa corale ambientata nella Messina del Ferragosto del 1839. Protagonista del romanzo, Agata, la ragazza tredicenne figlia del maresciallo don Peppino Padellani di Opiri, destinata a diventare monaca a Napoli, costretta ai voti nonostante l’amore per il giovane Giacomo Lepri, con cui vive un intenso approccio romantico proprio durante la Vara. Nel romanzo ci sono tante vivide, ricche, colorate descrizioni dei momenti più caratteristici della festa del Mezz’Agosto messinese ottocentesco, con la processione della Vara che viene osservata dalla piccola Agata durante il festoso ricevimento organizzato dal padre e che coinvolgeva l’intera buona società cittadina, il pretore e i membri del Senato, la “gerarchia del Presidio di Messina”, gli stranieri residenti in città e il fior fiore dell’aristocrazia: tutti intenti a gustarsi lo spettacolo e i tanti piatti della festa, compresi, i dolci, i gelati e le granite.

La scrittrice palermitana rende omaggio a questa straordinaria tradizione peloritana, ricordando come fin dal tardo medioevo i messinesi erano «indiscussi maestri nell’intera isola nel creare quelle effimere costruzioni», che risaltavano non solo per la loro bellezza artistica ma anche e soprattutto per la loro elevata “tecnica meccanica” e gli ingranaggi che consentivano i diversi movimenti, che riuscivano a creare tanto fervore partecipativo nella gente.

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