La sua arte pasticcera a Bruxelles è un vessillo di sicilianità. Dal 1978. E non stupisce, che lui, con decreto del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sia stato insignito della Croce di cavaliere dell'Ordine della Stella d'Italia. Perché il maestro Giovanni Lepanto rappresenta i valori più nobili dell'Italia che lavora. E quella sua e di sua moglie, Enza Dato, infaticabile e benevola “filibustiera”, è una storia di sacrifici reali che ci fa conoscere la vera tempra sicula.
Partiti giovanissimi da Messina
«Siamo partiti da Messina negli anni '70. Eravamo giovanissimi – racconta Enza, riavvolgendo il nastro dei ricordi –, io avevo 16 anni e mio marito 18. Non era la classica fuitina, perché con noi c’era mia suocera che aveva solo 100 mila lire con sé, mentre noi di nostro non avevamo assolutamente nulla». Tasche vuote ma bagaglio di esperienza importante. Enza, cresciuta in una famiglia numerosa, aveva imparato presto cosa significasse "buscarsi il pane" perché seguiva suo papà, venditore di tessuti, nei mercati. Mentre Giovanni, il più piccolo di tre fratelli, rimasto orfano molto presto, si ritrovò ad un tratto a fare i conti con l'adolescenza rubata. «Mio papà morì giovanissimo – ricorda il maestro Lepanto –, le conseguenze di una malattia contratta dopo la seconda guerra mondiale gli furono fatali. Avevo appena 2 anni. Mamma ha dovuto prendere le redini della nostra famiglia, mentre a casa ci accudivano i nonni. A 12 anni sono dovuto diventare grande, varcai le porte della pasticceria Venuti e lì imparai i segreti del mestiere dai grandi». I colleghi lo ripetevano stancamente “Vattinni Giovanni che hai le mani d'oro”, come lucidi profeti.
I primi anni a Bruxelles
E in effetti avevano ragione, anche se a Bruxelles è stata tutt'altro che facile: «I primi cinque anni sono stati duri. Gli italiani non erano ben visti – riprende Enza –. Giovanni faceva l'operaio spaccandosi la schiena con turni massacranti, mentre io, e non mi vergogno a dirlo, ho lavato anche le scale. E per fortuna avevo mia suocera che ci aiutava a casa». Ma Enza aveva un tarlo fisso. Le sue radici. Che potevano rappresentare la svolta: «Alla fine abbiamo aperto la saracinesca della nostra attività – continua la coppia – e inizialmente, quasi a voler bilanciare l'offerta, facevamo dolci siciliani e del posto che ci ha adottato. Ma poi abbiamo capito che i nostri sapori avrebbero vinto. Dolci e salati». In principio è stato un continuo proporre cannoli e cassate, assieme al caffè, e dallo storcere il naso si è passati al “tutti pazzi per questa oasi siciliana", tanto che quando la signora Dato metteva la pentola sopra ai fornelli e preparava i “puppetti 'nto zucu”, la parmigiana, la pasta al forno, la pasta 'ncasciata e in realtà tutto un ricco ricettario di prelibatezze, il profumo che emanava la sua cucina faceva venire letteralmente l'acquolina in bocca ai visitatori abituali e non.
La sua patisserie meta imperdibile
E oggi la patisserie “Da Giovanni”, meta di esponenti politici che giornalmente si recano prima o dopo una riunione di affari, e che è stata visitata da moltissimi personaggi dello spettacolo (Alberto Sordi, Eros Ramazzotti, Massimo Ranieri e Lucio Dalla, solo per citarne alcuni), offre qualsiasi cosa per deliziare il palato. Dal cannolo, tra i più amati, alla parmigiana.
L’Ars (allora era presidente Giovanni Ardizzone) ha premiato questa realtà riconoscendo al signor Giovanni il pregio di dare lustro alla città di Messina essendo divulgatore e ambasciatore della cultura siciliana. Un altro importante riconoscimento è quello, recente, del “cavalierato”, condiviso con gioia dal presidente del Rotary club di Bruxelles, Alessandro Butticé, che si è congratulato rilanciando il vecchio detto che il tempo è galantuomo: «Anche quale delegato in Belgio dell'associazione nazionale degli insigniti dell'Ordine al merito della Repubblica italiana, esprimo le più sincere congratulazioni al maestro pasticcere Giovanni Lepanto che rappresenta i valori più nobili dell’Italia del lavoro e che, assieme alla signora Enza Dato, sua consorte, è da quasi mezzo secolo ambasciatore a Bruxelles delle delizie della pasticceria e gastronomia siciliana».
«Abbiamo tanti aneddoti da raccontare e non basterebbe un articolo», concludono i due coniugi, che ricordano anche la serata tragica dell’Heysel, quando si mobilitarono per dare ristoro agli italiani sconvolti da quella “carneficina” allo stadio. Due volte l’anno tornano qui, nella loro casa di Briga Marina. E poi si riparte, il sacrificio continua perché il maestro pasticcere che di anni ora ne ha quasi 70 si alza alle cinque meno un quarto tutti i giorni e lavora incessantemente fino alle 18. Il suo sogno? Che altri giovani volonterosi non facciano morire questa nobile tradizione
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