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Da Messina a Washington per amore della scienza, la storia del ricercatore Vincenzo Mercurio

Vincenzo Mercurio

«Amo Messina ma qui non si può fare ricerca». Chissà se Vincenzo Mercurio, messinese di 28 anni, immaginava che un giorno la sua passione per le biotecnologie, lo avrebbe portato a lavorare al National Institutes of Health (NIH) di Bethesda, uno dei centri per la ricerca più importanti al mondo, a pochi passi da Washington. Pochi giorni fa, infatti, ha conseguito il dottorato in Medicina molecolare e traslazionale all'Università di Milano, discutendo la tesi proprio all'interno dell'istituto americano, dove ha svolto parte delle sue ricerche.

L'amore per le scienze, è cresciuto lentamente, prima al liceo Seguenza dove Vincenzo si è diplomato, e poi all'Università di Messina, dove si è laureato in Biotecnologie. «Ero uno di quelli che pensava che non sarebbe mai riuscito a laurearsi - racconta - e invece ho finito la magistrale addirittura in anticipo, con il massimo dei voti. Sono sempre stato affascinato dal Dna, dalle mutazioni genetiche, dalla terapia genica e dalle infezioni virali - continua Vincenzo - ho visto che in laboratorio eccellevo e così ho deciso di intraprendere il dottorato».

Una strada che però non è stata possibile nella città dello Stretto: «A Messina mi sono sentito escluso, i posti erano pochi e sono arrivato fra gli ultimi. Evidentemente per la mia città non ero abbastanza bravo, ma guarda caso poi sono stato preso prima a Milano e poi all'Nih, che è uno dei centri di ricerca più prestigiosi del pianeta».

Il ventottenne infatti, viene ammesso come dottorando all'Università di Milano, dove inizia ad occuparsi di immunologia e Hiv. Lì, potendo sfruttare la possibilità di fare un periodo all'estero, decide di trasferirsi temporaneamente a Washington.

«Negli Usa - sottolinea - ho trovato differenze abissali nel modo di lavorare sia con Messina sia con Milano. Nella nostra città i fondi per la ricerca sono minimi e ci sono poche collaborazioni. A Milano il budget è un po' più alto, anche se non di molto, e i macchinari più innovativi vengono spesso condivisi. Mentre a Washington le collaborazioni non servono, perché le risorse per poter effettuare gli esperimenti sono 10 volte maggiori. Gli studi portati a compimento nel nostro Ateneo - prosegue Vincenzo - si sono rivelati validissimi, ciò che davvero fa la differenza è il budget a disposizione».

Per il futuro, il ventaglio di possibilità è ampio, ma il desiderio di Vincenzo sarebbe quello di rientrare in Italia: «Ho terminato il dottorato pochi giorni fa e a marzo tornerò a Milano. All'estero avrei sicuramente la strada spianata, ma mi mancano gli affetti e la cultura italiana. Messina purtroppo non rientra nei miei progetti, la ricerca è piatta e ripetitiva, e come dicevo i fondi e i posti sono pochissimi. Mi dispiace perché Messina è uno dei più bei posti del mondo...».

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