La sua storia dimostra che la forza di volontà è la chiave di ogni successo. Ella Di Benedetto, 34 anni, aveva una sola certezza nella vita: voleva fare il chirurgo. E non le importava se bisognava scontrarsi con una società, quella italiana, in cui questa professione fatta da una donna è salutata sempre come un miracolo, e se doveva fare le valigie per realizzare il suo sogno altrove. «Sono originaria di Oliveri, - ha raccontato Ella - e dopo la maturità classica ho frequentato la facoltà di Medicina a Messina. Mi vedevo chirurgo da sempre ma mi sono ritrovata ad imbattermi e appassionarmi all'Urologia, che è un ambiente prettamente maschile, davvero per caso. Ho fatto un internato di chirurgia dall'altra parte del mondo, a Taiwan, e lì ho conosciuto il primario che mi ha portato in sala operatoria e introdotto in questo mondo. E di solito questa branca non si studia molto». La laurea in Medicina nel 2008 e un periodo in Inghilterra già durante l' ultimo anno di specializzazione che si è conclusa nel 2014 : «Fremevo per tornare fuori perché non ero soddisfatta della formazione chirurgica che riceviamo in Italia. Una pecca è che impari a fare il medico però non fai pratica perché ti mettono sempre in secondo piano. Opera sempre il primario e gli specializzandi stanno solo a guardare». A Londra la formazione quindi è nettamente diversa e i giovani possono andare oltre le nozioni: « Per 4 anni ho lavorato nuovamente come specializzanda ma la differenza con il nostro Paese è che vi è un grande margine di azione: operi da solo e hai un “consultant”, che sarebbe il nostro primario, che ti guida». Nei primi 4 anni la dottoressa ha recuperato il terreno perduto faticando e proprio a febbraio è diventata anche lei “consultant”. C' è però la consapevolezza che bisogna ancora battersi per vedere più chirurghi donna e far comprendere che le differenze in alcuni posti sono azzerate: « Che io sappia nel nostro Paese vi è solo un primario donna nel mio stesso settore, la professoressa Elisabetta Costantini, che opera in Umbria, e che è riconosciuta a livello internazionale. In Inghilterra si dà molto spazio alle donne e nel nostro reparto ci sono altre 4 urologhe che sono bravissime». L'articolo completo sulla Gazzetta del Sud - edizione di Messina in edicola.