Quando lo stesso Ciucci dice che nel progetto del Ponte c’è molto più del Ponte, il riferimento è anche e soprattutto a quanto dovrà essere realizzato, oltre il collegamento tra le due sponde sullo Stretto, sulle due sponde stesse.
Solo in Sicilia si tratta di opere stradali e ferroviarie per 28 chilometri (e altri 13 in Calabria), con tanto di spostamento della stazione centrale di Messina dall’attuale location a Gazzi. È stato l’ing. Gioacchino Lucangeli ad approfondire l’aspetto dei collegamenti stradali, che rientrano lungo l’asse del corridoio Scandinavo-Mediterraneo. Lo sviluppo totale delle strade è di 10,4 chilometri, di cui il 71% in galleria, il 23% all’aperto e il 6% su viadotto. Tutte le infrastrutture stradali si sviluppano sul territorio comunale di Messina, con una nuova tangenziale, di fatto, che attraversa la città interessando le località di Ganzirri, Faro Superiore, Curcuraci, Pace, Annunziata, fino alla galleria Serrazzo, collegando, dunque, la A20 e la A18 al ponte.
Il viadotto Pantano rappresenta l’approdo in città e mantiene le sei corsie per senso di marcia, per una lunghezza di poco superiore ai 400 metri; seguono i viadotti Curcuraci (tre campate per senso di marcia), Pace e Annunziata, con relativi svincoli. «In fase di progetto esecutivo – è stato spiegato rapidamente ieri (ma anche il tema dei collegamenti stradali verrà approfondito in una delle prossime sedute) – si studierà l’eventuale adeguamento del sistema di esazione (la barriera di pedaggio, sostanzialmente il “casello”, ndr) previsto nel progetto definitivo, composto da 11 porte, di cui 3 centrali reversibili, 2 esterne per il transito dei trasporti eccezionali».
Il “file” dei collegamenti ferroviari è stato, invece, aperto dall’ing. Giorgio Micolitti. Si tratta di 17,5 km a partire dalla Torre Nord, lungo il viadotto Pantano, dopo il quale strada e ferrovia si separano; i binari a quel punto raggiungono la galleria a doppia canna a singolo binario Sant’Agata, poi il Posto di manutenzione, quindi il tracciato proseguirà in discesa nella galleria Santa Cecilia, fino al nuovo bivio Gazzi, che rappresenta il “confine” di Stretto di Messina (ma poi subentrerà Rfi fino a Contesse). Gran parte di questo percorso si sviluppa in galleria (il 93%, 16,2 km), il 2% su viadotto e il 5% all’aperto. Spiccano, naturalmente, le tre nuove stazioni metropolitane di Papardo, Annunziata e viale Europa, i piazzali di emergenza e il cosiddetto Posto di manutenzione (un sito attrezzato per il ricovero dei carrelli destinati alle attività di manutenzione, appunto). Gli scavi a cielo aperto saranno minimizzati, è stato garantito ieri: «L’attività di scavo avverrà quai integralmente in sotterranea», con due Tbm (le famose “talpe”, come quelle oggi in azione per il cantiere del raddoppio ferroviario nella zona jonica), un avanzamento giornalierio calcolato in 10 metri e un tempo di scavo totale delle gallerie di 6 anni (incluse le opere propedeutiche e complementari). L’area di avvio dello scavo è prevista nel cantiere operativo di Contesse.
Le stazioni- fermate sono concepite per ospitare 1.200-1.300 passeggeri al giorno, fino a 300 passeggeri l’ora, nelle ore di picco, e saranno realizzate fino a 8 livelli sottoterra (30 metri di profondità), con banchine di 250 metri nelle stazioni Papardo e Annunziata e di 400 metri nella fermata Europa.
L’ultimo aspetto affrontato – sicuramente non il meno importante, considerato l’impatto e tenuto conto delle polemiche che da anni accompagnano il Ponte – è stato, da parte dell’ing. Ilaria Coppa, quello ambientale. «Lo studio di impatto ambientale – ha spiegato – è stato aggiornato», tenendo conto di quanto previsto dal “famoso” decreto legge 35, che ha limitato l’ambito della valutazione a due ambiti progettuali: le ulteriori prescrizioni riportate nella relazione del progettista, «da svilupparsi in sede di progettazione esecutiva»; gli aspetti progettuali che non sono stati valutati o sono stati oggetti di valutazioni negative nel procedimento attivato sul progetto definitivo. In quest’attività rientra una «rivalutazione delle possibili incidenze sui Siti Natura 2000», la mitigazione dell’impatto luminoso, ma anche di quello acustico sui cetacei, il ripristino degli habitat sottratti e la salvaguardia dei siti esistenti. Con tanto di monitoraggio dell’ambiente marino e dell’avifauna migratrice.
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