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La Corte Costituzionale, argine democratico "né di destra né di sinistra", che protegge i diritti e ci "cambia" la vita

All'Università di Messina il presidente emerito Giuliano Amato e la giornalista Donatella Stasio per raccontare la strada - anche in salita - del dialogo con la società, in viaggio tra piazze, scuole e carceri

Oggi più che mai, la Corte costituzionale italiana si erge salda quale istituzione di garanzia per le persone e per i loro diritti, sanciti dalla Carta in vigore dal 1948 . Un organismo giurisdizionale così speciale nella sua unicità, sconta però una percezione di distanza, forse perché, in Italia, non esiste il ricorso diretto del cittadino ad essa. O forse perché il pluralismo di una società civile è un concetto non sempre scontato e ancora irrisolto e si tende a dare più spazio all’ideologia di partito, al populismo e, in taluni casi, a derive che portano lontano dall’affermazione di diritti fondamentali, eppure quasi sconosciuti, così come la fonte dalla quale derivano.

Diffondere la “mentalità costituzionale”

Di fronte a questo scenario di evidente dispersione culturale, anzi di preoccupante “regressione democratica” il prof. Giuliano Amato, presidente emerito della Corte, e la giornalista Donatella Stasio, che della Corte è stata portavoce, hanno deciso di raccontare in un libro i cinque anni in cui la Corte costituzionale si è aperta strutturalmente al dialogo, per diffondere quella "mentalità costituzionale” che ancora stenta a decollare. E lo ha fatto partendo non solo dalle scuole, ma anche da altre realtà del Paese, a cominciare dal carcere, “il luogo più rimosso e cancellato dalle coscienze”. Il viaggio diventa, dunque, “la metafora della conoscenza” intesa come incontro, in cui non c’è soltanto il “farsi conoscere” ma anche il “conoscere”, nella certezza che il diritto non può albergare lontano dalle persone per le quali si deve applicare.

Il viaggio del diritto nelle scuole e nelle carceri

È stata l’aula magna dell’Ateneo a ospitare la tappa messinese di questo percorso di divulgazione, incentrato sul saggio “Storie di diritti e di democrazia – La Corte costituzionale nella società”, firmato da Amato e Stasio, nero su bianco a quattro mani e due voci che si fondono in un racconto serrato, in cui la norma prende vita e diventa “umana”, come le persone da cui è applicata e a cui si applica. Entra nelle scuole, dove la coscienza va formata al diritto, e nelle carceri, dove la coscienza va ricondotta ad esso, ma senza perderne l’umanità.

L'evento, promosso nell'ambito del Prin Unime "Le mobili frontiere della separazione dei poteri", è stato inaugurato dai saluti istituzionali della rettrice, prof.ssa Giovanna Spatari, e del direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, prof. Alessio Lo Giudice. Il prof. Giacomo D’Amico, ordinario di Diritto Costituzionale e responsabile Unità locale PRIN, ha introdotto i lavori e dialogato con gli autori assieme al docente Unime di Diritto Costituzionale Luigi D’Andrea. Le conclusioni sono state affidate al prof. Antonio Saitta, prorettore Unime all’organizzazione amministrativa.
Politico e giurista torinese, Amato è stato due volte presidente del Consiglio, quattro volte ministro e, nel 2013, è stato nominato giudice della Corte Costituzionale fino a divenirne presidente dal 29 gennaio 2022 al 18 settembre dello stesso anno. Stasio, invece, ha scritto per 33 anni di giustizia, istituzioni e politica su “Il Sole 24 Ore” e attualmente è editorialista per “La Stampa”. Inoltre, dal 2017 al 2022, è stata responsabile della comunicazione e portavoce della Corte costituzionale, con ben sei presidenti (Paolo Grossi, Giorgio Lattanzi, Marta Cartabia, Mario Morelli, Giancarlo Coraggio e Giuliano Amato).

La democrazia che si rivela fragile

«In questi lunghi mesi, scanditi dalle discussioni su questo libro, mi è sembrato di percepire una nuova consapevolezza, cioè la consapevolezza della necessità di costruire argini. Argini contro derive se non autoritarie, autocratiche, derive antisistema - ha spiegato Stasio - È come se ci fossimo accorti d’un tratto che la nostra democrazia costituzionale, antifascista, pluralista, europeista, fosse più fragile di quanto noi già sapessimo. E fragili sono i pilastri su cui questa poggia, cominciando dalla separazione dei poteri fino all’indipendenza dei giudici». L’obiettivo di questo incontro, dunque, è stato quello di diffondere una nuova mentalità costituzionale, riducendo quell’analfabetismo che, in tempi di crisi dei valori democratici, costringe il cittadino alla stasi, a sentirsi inerme, quasi “suddito” disperso ed avulso dal resto di una società dominata dall’ideologia dei “potenti”.

Chi amministra la giustizia ha il dovere di spiegarla

Amato e Stasio hanno visto nell’attuale congiuntura politica una allarmante istantanea di scenari da scongiurare, proprio con una maggiore conoscenza che potenzi la coscienza comune e la partecipazione delle persone alla vita civile, senza “schieramenti” che non siano dalla parte del diritto e dei diritti. E lo stesso Amato ha tratteggiato eloquentemente la fase che a suo giudizio si sta vivendo nella dimensione internazionale, individuandola in una crisi democratica a largo spettro: «Vedo il germe di ciò che è accaduto a Israele, di ciò che è accaduto in Polonia, di ciò che è accaduto in Ungheria. In poche parole, se tu Corte, dici queste cose, con le quali io non sono d’accordo, io che rappresento il popolo ti colloco tra i nemici del popolo». E la comunicazione limpida e semplice di Amato riflette perfettamente il suo bisogno di essere capito da tutti, sottolineando che non solo chi è “eletto” dal popolo ha il diritto e il dovere di esprimersi, ma lo è soprattutto chi amministra la giustizia. Da qui nasce l’esigenza di riprendere in mano il dialogo con i cittadini, nonostante anche le perplessità che da alcune parti provenivano. «In quei cinque anni emerge con chiarezza il “dovere” di creare un legame di fiducia con i cittadini, essenziale per la tenuta di una democrazia costituzionale. Questo è il senso politico della comunicazione istituzionale, che non conosce zone franche».

Né a destra, né a sinistra, ma “con” la Costituzione

«Una Corte può essere in dissenso rispetto ad una decisione approvata dagli organi amministrativi, senza che quel dissenso sia né di destra né di sinistra – ha continuato Amato –. Dev’essere compito suo fare sì che l’equivoco non si crei; dev’essere compito suo radicare la motivazione, non in opinioni, non in ideologie, ma in una interpretazione non obiettabile della Costituzione». Che è un testo di tutti e per tutti, attraverso cui la Corte si fa garante dei diritti e doveri costituzionali di ognuno, compresi i “nuovi diritti”, o quelli delle persone omosessuali o degli immigrati, che, come ha rimarcato il presidente emerito, non sono “né di destra né di sinistra”.

La condivisione della comunità

L'evento è stato moderato dalla giornalista della Gazzetta del Sud Natalia La Rosa, responsabile della GDS Academy di Società Editrice Sud, nell'ambito della quale sono stati coinvolti studenti e studentesse delle scuole di Sicilia e Calabria e di Unime. Presenti all’incontro - cui ha partecipato anche il prorettore vicario dell'Ateneo prof. Giuseppe Giordano - i vertici istituzionali e delle forze dell’ordine, tra cui la prefetta Cosima Di Stani, il generale Maurizio Taffuri, comandante della Brigata Aosta, il colonnello Filippo Fruttini, capo di Stato Maggiore del Comando Interregionale Carabinieri Culqualber, il comandante di Marisuplog Bruno Viafora, il questore Annino Gargano, la comandante del Gruppo Guardia di Finanza di Messina Alessandra Rotondo, la presidente del Tribunale di Sorveglianza Francesca Arrigo, il presidente di Società Editrice Sud Gazzetta del Sud Giornale di Sicilia Lino Morgante, il dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale Stello Vadalà. E proprio ai giovani - nel solco di una “pedagogia costituzionale” diffusa il cui valore è stato sottolineato da Saitta - è stato rivolto il “viaggio” della Corte, che ha toccato negli anni territori difficili, ad esempio quello della Terra dei Fuochi, e che, dopo un inizio travagliato anche a causa di divergenze “politiche”, è ormai avviato e sta proseguendo anche con la guida dell’attuale presidente, il siciliano Augusto Antonio Barbera, e anzi è stato auspicato che una delle prossime tappe possa riguardare proprio Messina.

Le pronunce che ci hanno cambiato la vita

Tra i temi trattati anche aspetti di particolare urgenza e attualità, in una ricostruzione che ha scandito le numerose pronunce nelle quali la Corte (prevista dalla Costituzione nel 1948 ma resa operativa nel 1956) ha “cambiato “ la vita di cittadine e cittadini, senza che, come ha ribadito Amato, ciò fosse chiaramente percepito. Manifestando anche una sorta di sensibilità “antesignana” ad esempio sul tema forte della parità di genere, sancito dall’accesso delle donne ai concorsi pubblici («In questa città ci sono una prefetta e una rettrice: senza la Corte Costituzionale non ci sarebbero state», ha ricordato Amato) e - nel tempo - da un posizionamento sempre più rigorosamente rispettoso dell’“uguaglianza nella diversità”, «anche nel linguaggio, e ci tengo a sottolinearlo», ha ribadito Stasio richiamando la comunicazione che è grammatica ma anche etica, perché si parla «non alle persone, ma con le persone», e ricordando il percorso che ha portato dalla corretta declinazione delle qualifiche al femminile avviata dal presidente Coraggio al recente adeguamento del formulario operato dal presidente Barbera.

I temi divisivi e i chiarimenti necessari

Ma sul tavolo della Corte sono giunti anche temi fortemente divisivi (il fine vita, i diritti dei figli di coppie omogenitoriali, l’ergastolo ostativo) rispetto ai quali, nel racconto, emerge anche l’umanità in cui il diritto si “incarna” e il travaglio interiore di chi è chiamato alla responsabilità di decisioni ultimative. Su cui, però, proprio la spiegazione, il chiarimento, l’apertura comunicativa può agevolare quella consapevolezza che non è ricerca del “consenso” - una delle “accuse” mosse da chi avversava le scelte comunicative della Corte -, ma esercizio di partecipazione ad un processo che è e deve essere patrimonio comune, come lo è il diritto, nella certezza che il diritto e i diritti «vivono solo se radicati nella coscienza di chi li ha».

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