L’ultima puntata risale a poco meno di una ventina di giorni fa. L’8 gennaio il consiglio comunale decideva di non decidere, e quindi di prendere tempo, rinviando a febbraio la discussione sulla presunta incompatibilità di Maurizio Croce. Il suo doppio incarico – consigliere comunale e soggetto attuatore del commissario di governo contro il dissesto idrogeologico – è un caso politico da mesi, un caso che crea divisioni anche all’interno delle stesse compagini politiche (la maggioranza a sostegno del sindaco Basile, ad esempio, non ha una posizione unanime al riguardo) e che si arricchisce periodicamente di nuovi tasselli.
Proprio dopo quella seduta di Consiglio, Croce aveva assicurato che si sarebbe fatto portavoce con il presidente della Regione Renato Schifani – ossia il commissario contro il dissesto idrogeologico – della richiesta giunta dall’Aula di trasmettere al Comune il parere dell’Avvocatura dello Stato sulla sua presunta incompatibilità. Un parere che risale al maggio dello scorso anno e che, ad oggi, non è mai arrivato negli uffici di palazzo Zanca. «Non ho prodotto il parere – aveva detto Croce – perché non sono sicuro di poterlo dare. Non l’ho chiesto io, ma l’ufficio del commissario. In ogni caso chiederò a Schifani di poterlo produrre al Consiglio».
Ma nulla è cambiato. Nemmeno su un altro fronte, quello delle dimissioni annunciate dallo stesso Croce (che da qualche mese ha aderito a Forza Italia) a partire dal giorno in cui prenderà forma un terzo incarico, per il quale è già stato designato: quello di membro del comitato di gestione dell’Autorità di sistema portuale, in rappresentanza, anche qui, della Regione.
Ma il punto è un altro (ed è sempre stato un altro): in tutto questo periodo Croce avrebbe potuto ricoprire contemporaneamente le cariche di consigliere comunale e di soggetto attuatore? Secondo quel famoso parere dell’Avvocatura dello Stato no. E adesso viene fuori una novità, e cioè che i pareri sono due. Il primo è del 24 maggio e l’avvocato dello Stato Marcello Pollara non mostra avere grandi dubbi: «Deve ritenersi che l’incarico rivestito dal dott. Croce sia incompatibile con la carica di consigliere comunale del Comune di Messina». E questo perché è sancita «l’incompatibilità degli incarichi dirigenziali (qual è quello rivestito dal soggetto attuatore) con la carica di consigliere di un comune con popolazione superiore a 15 mila abitanti».
Il secondo parere è di appena due giorni dopo e viene trasmesso in risposta ad una richiesta di integrazione. Sostanzialmente Schifani ipotizza che, considerata la natura statale dell’incarico di Croce, «non sussisterebbe l’ipotesi di incompatibilità», e chiede all’Avvocatura di esprimersi. E l’Avvocatura si esprime, affermando, sostanzialmente, che per le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici questo argomento non è valido, e confermando, dunque, «la sussistenza dell’ipotesi di incompatibilità».
Va detto anche che a luglio sempre dello scorso anno anche l’Anac si è espressa sulla vicenda, affermando, al contrario, che «gli Uffici del Commissario straordinario di Governo per il dissesto idrogeologico della regione siciliana appaiono qualificabili alla stregua di una pubblica amministrazione di livello nazionale. Ciò appare dirimente rispetto alla vicenda esaminata facendo venire meno le ipotesi di incompatibilità».
Una vicenda nebulosa, che si trascina da mesi, mesi nei quali è stata posta – ma più su un piano etico e politico, che giuridico – la questione anche dell’assenteismo cronico di Croce dall’Aula: sostanzialmente il consigliere (eletto come primo tra i candidati sindaco perdenti) ha partecipato ad una manciata di sedute e ha collezionato zero presenze in commissione. Anzi, una volta Croce è andato in commissione, ma – il paradosso – nelle vesti di ospite, proprio come soggetto attuatore. E anche spulciando il sito del commissario di governo contro il dissesto idrogeologico emerge che l’ultima dichiarazione resa da Croce sull’insussistenza di cause di incompatibilità risale all’8 luglio 2022, esattamente cinque giorni prima del giuramento in consiglio comunale. Dopo quella, nessun’altra dichiarazione è stata pubblicata.
Ieri è tornato alla carica il primo dei sostenitori dell’incompatibilità di Croce, il presidente del consiglio comunale, Nello Pergolizzi. Il quale, stavolta, ha scritto direttamente al presidente della Regione, Schifani, evidenziando come, ad oggi, resti «nella impossibilità di conoscere il contenuto del parere reso dall’Avvocatura dello Stato, la cui acquisizione è di fondamentale importanza non solo per accertare la regolare composizione del consiglio comunale, ma anche perché, come noto, le norme in materia di inconferibilità e di incompatibilità (...) stabiliscono, in caso di violazione, la nullità dell’atto di conferimento dell’incarico e del relativo contratto (con eventuale recupero delle somme erogate) e, nell’ipotesi di svolgimento dell’incarico in situazioni di incompatibilità, la decadenza dello stesso e la risoluzione del relativo contratto».
Secondo Pergolizzi è «primario interesse» anche del governatore «assicurarsi che la nomina sia avvenuta nel rigoroso rispetto delle norme», visto che, in caso di accertata incompatibilità, verrebbe compromessa «la piena regolarità dell’attività amministrativa posta in essere del soggetto attuatore, con le gravi conseguenze che è facile immaginare».
Infine Pergolizzi ipotizza un «palese conflitto di interessi» in quanto è sempre Corce «il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza della struttura commissariale». Cioè colui che avrebbe dovuto vigilare sulla propria posizione.
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