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Risanamento a Messina, i nodi da sciogliere

Dopo la scelta del Governo di assegnare i poteri al presidente della Regione e le polemiche che ne sono seguite

Era difficile, se non impossibile, pensare che non ci sarebbero state divisioni e contrapposizioni nel momento in cui il Governo nazionale ha deciso, sotto l’abile regia della sottosegretaria messinese Matilde Siracusano, di affidare i poteri della legge speciale per Messina al presidente della Regione, anziché mantenerli in capo alla Prefettura (istituzione “super partes”) o assegnarli al sindaco (per competenza territoriale, visto che le baraccopoli e i progetti di riqualificazione urbana fanno parte essenziale dei programmi del Comune).
Inutile, quindi, stupirsi delle prese di posizione, anche dure, registratesi in questi mesi, prima con l’intervento del sindaco Federico Basile, poi con il voto contrario delle senatrici Barbara Floridia e Dafne Musolino che, per una volta, si sono trovate sullo stesso lato della barricata, contestando l’emendamento del Governo inserito nel decreto Milleproroghe. E se l’on. Matilde Siracusano fa bene a lanciare appelli alla “pacificazione”, perché l’obiettivo dovrebbe essere quello di far fronte comune al fine di proseguire gli interventi di sbaraccamento e di rigenerazione urbana, è pur vero che tante cose vanno chiarite, e non nel segreto delle stanze romane o palermitane. Messina, e la sottosegretaria lo sa meglio di tutti, visto che si è battuta con coraggio e determinazione su questo fronte, ha già pagato per decenni lo scotto derivante dalla competenze della Regione sugli interventi del Risanamento (in base alla legge 10 del 1990, quella dei famosi 500 miliardi di vecchie lire). Abbiamo visto come è andata a finire quando la “cabina di regia” è stata a Palermo, con tutto il dovuto rispetto per i presidenti della Regione e le loro Giunte che si sono succedute in questi decenni.

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