La crisi politica di mezz’estate che surriscalda Palazzo Zanca più di quanto già non faccia Lucifero parte da lontano, ha una genesi ed un epilogo coincidenti – li definiremmo “elettorali” – ed è frutto di anomalie trasformate in normalità e di normalità che, a loro volta, sono divenute anomalie.
Questo percorso amministrativo targato De Luca si è contraddistinto fin dal principio per l’anomalia delle anomalie (già vista, in parte, con l’esperienza Accorinti): un intero consiglio comunale di colore politico diverso/avverso a quello del sindaco. Eppure per più di metà mandato l’anomalia è divenuta normalità per trasformarsi in una anomalia, per certi versi, ancor più bizzarra: quello stesso consiglio comunale ha sposato, talvolta persino in modo unanime, tutte le iniziative politico-amministrative di De Luca, in particolar modo quelle più importanti. A volte con numeri bulgari, altre con maggioranze consolidate, in alcuni casi su atti chiave, in altri su vere e proprie piattaforme programmatiche (dal “Salva Messina” al “Cambio di passo”).
Altro che «freno a mano tirato», come più volte denunciato dal sindaco riferendosi al consiglio comunale: le maggioranze “variabili” che questa amministrazione si è ritrovata in aula, almeno fino allo scorso inverno, hanno pochissimi precedenti negli ultimi decenni. L’unica vera eccezione è stata la bocciatura del piano di liquidazione di Atm, a dicembre 2019, la cui conseguenza politica, appunto, è stata l’invenzione del “Cambio di passo”, accompagnata da una delle tante minacce di dimissioni ventilate da De Luca.
È lo stesso sindaco, oggi, a parlare di “metodo De Luca” come unica arma possibile per ottenere in aula maggioranze altrimenti impossibili da costruire, almeno sulla carta. Un metodo fatto, appunto, di ultimatum, di dimissioni minacciate e poi ritirate, di una corda – in sintesi – costantemente tesa e abilmente allentata sempre un attimo prima dello spezzarsi. Un metodo che, è evidente, ha funzionato. Se su queste colonne, ad un certo punto, siamo arrivati a scrivere di un consiglio comunale affetto da “sindrome di Stoccolma” nei confronti del sindaco, è perché la cronaca politica quotidiana ha portato a questo e il concetto espresso due giorni fa da De Luca dei consiglieri tenuti al “guinzaglio” non è, in fondo, molto distante nel significato, per quanto eticamente inaccettabile.
Il “metodo De Luca” potrebbe aver fatto leva anche su altro, almeno stando a sentire lo stesso sindaco, il quale è una sorta di reo confesso: la frasaccia sul «pizzo» chiesto da alcuni consiglieri (senza nome e senza volto) in cambio dei rispettivi sì alle varie delibere presuppone, ribaltando i punti di osservazione, che il sindaco abbia “comprato” i voti su certe delibere elargendo quanto richiesto in questo o in quel «quartierino». Vogliamo credere che si tratti dell’ennesima iperbole e che non sia avvenuto nulla di tutto ciò, perché ne verrebbe fuori un quadro deprimente e mortificante per tutte le parti in causa.
Tornando alle origini della crisi politica, ad un certo punto l’incantesimo si è rotto. Paradossalmente il “Cambio di passo”, nel rendere più definita la geografia politica dell’aula, si è rivelato un boomerang, complice anche il raffreddamento (e lo stop forzato) dei rapporti istituzionali causato dall’emergenza Covid. E un altro paradosso si è consumato ad inizio 2021, quando l’ultima – e a questo punto definitiva – rottura è arrivata dopo l’approvazione, da parte del consiglio comunale, dei nuovi contratti di servizio di Amam e MessinaServizi. Semplicemente quell’approvazione non era avvenuta così come l’avrebbe desiderata il sindaco. Nasce così l’inedita “mozione di fiducia” partorita dai fedelissimi, nascono le dimissioni firmate e poi strappate al termine di una estenuante maratona social e nasce l’appellativo tutto deluchiano di “asini volanti”.
Da quel momento De Luca non mette più piede in consiglio comunale, la vicesindaca Carlotta Previti scala posizioni dentro e fuori la Giunta ma i numeri, in Aula, vanno sempre più assottigliandosi. Il resto è storia di questi giorni, in cui, ancora, una volta, una normalità (e cioè un consiglio comunale che, a torto o a ragione, dice la propria o chiede approfondimenti, vedi caso Tari e assestamento di bilancio) diventa un’anomalia. Lo è, rispetto a come ci si era abituati, non lo è, se si pensa che le attuali regole democratiche prevedano proprio questo.
Il contesto, però, va oltre i confini di Palazzo Zanca. Si è tutti in campagna elettorale, c’è chi lo è sempre stato, c’è chi, in questo terreno, sembra avere sempre una carta vincente più degli altri (come lo stesso De Luca), c’è chi, come il Pd e il duo Navarra-De Domenico in testa, ha deciso che deve iniziare tutta un’altra partita. Le regionali sono solo uno sfondo lontanissimo, dai contorni tutt’altro che definiti e scontati. Di certo c’è che, quale che sia il “metodo”, questa città non può permettersi due anni, o un anno, e nemmeno un mese di campagna elettorale anticipata, con questi toni, con questo clima, con questi esiti. Sarebbe la più dannose delle “normali anomalie”.
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