
Il Ponte non troverà spazio nel Recovery Fund. Il 24 settembre la ministra delle Infrastrutture (della Repubblica... Cisalpina) Paola De Micheli, per bocca della presidente della Commissione Ambiente alla Camera, Alessia Rota (in risposta a un interrogativo sollevato dalla deputata di Forza Italia Erica Mazzetti) ha fatto sapere che il gruppo di lavoro incaricato di valutare l'opera sta terminando il suo compito «ma in ogni caso il Ponte non sarà inserito nel Recovery Plan».
I partiti della maggioranza (Pd e 5Stelle), assieme al premier Conte e ai suoi ministri, dovranno assumersi pienamente le proprie responsabilità davanti alle popolazioni dello Stretto e del Sud in generale. Che la manovra sia chiara e già definita da tempo, preceduta da un inverecondo balletto di dichiarazioni “a entrare e uscire” di ministri e viceministri, lo si sapeva. E anche ieri se ne è avuta conferma nel documento posto all'esame della Commissione Trasporti della Camera dei deputati. Il Ponte sullo Stretto, salvo un voto diverso da parte del Parlamento, sembra definitivamente escluso dai progetti finanziabili con i 209 miliardi di euro che l'Europa ha concesso al nostro Paese.
I criteri dell'esclusione sono semplicemente ridicoli. Vediamo per quali progetti viene data la valutazione negativa. «1) Progetti finanziabili integralmente tramite altri fondi Ue 2021-27; infrastrutture che non hanno un livello di preparazione progettuale sufficiente, dati i tempi medi di attuazione e la dimensione del progetto; progetti “storici” che hanno noti problemi di attuazione di difficile soluzione nel medio termine, pur avendo già avuto disponibilità di fondi; progetti o misure che non hanno impatti duraturi su Pil e occupazione; progetti che non presentano stime attendibili sull'impatto economico atteso; progetti per i quali non è individuato il modo di monitorarne la realizzazione; progetti che non rispettino i criteri di sostenibilità».
Il Ponte sarebbe inserito nei «progetti storici che hanno noti problemi di attuazione di difficile soluzione nel medio termine...». Assurdo. Il collegamento stabile tra le due sponde dello Stretto ha un progetto che può essere ripreso e attuato in tempi brevi, ha un impatto duraturo sul Pil e sull'occupazione (per i sette anni di lavoro, tra manodopera direttamente impegnata nella costruzione e i settori dell'indotto, secondo una stima di qualche anno fa contenuta in uno studio dell'Università Bocconi, dovrebbero essere addirittura 120 mila i nuovi posti di lavoro), è l'infrastruttura che più di ogni altra riporterebbe il Meridione e l'Area dello Stretto al centro delle politiche nazionali e internazionali, risarcendo i territori del Sud per i decenni di marginalizzazione e desertificazione ai quali hanno contribuito in maniera decisiva le scellerate politiche “nordiste” dei Governi italiani ostaggio dei “poteri forti” del Paese. L'Europa non ha nulla in contrario alla realizzazione del Ponte (anzi, l'Ue è decisamente favorevole), è l'Italia che mette i bastoni fra le ruote e ciò appare ancora più scandaloso.
Le linee guida generali poggiano su tre basi fondanti: 1) promuovere la coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione migliorando la resilienza e la capacità di aggiustamento degli Stati membri; 2) attenuare l'impatto sociale ed economico della crisi, favorendo l'inclusione territoriale e la parità di genere; 3) sostenere le transizioni verde e digitale, contribuendo in tal modo a ripristinare il potenziale di crescita delle economie dell'Unione, a incentivare la creazione di posti di lavoro nel periodo successivo alla crisi da Covid-19 e a promuovere una crescita sostenibile. L'Italia ha indicato sei missioni: l) digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo; 2) rivoluzione verde e transizione ecologica; 3) infrastrutture per la mobilità; 4) istruzione, formazione, ricerca e cultura; 5) equità sociale, di genere e territoriale; 6) salute.
«La missione 3, “Infrastrutture per la mobilità” - si legge nella relazione discussa ieri in Commissione - , richiede investimenti e una maggiore efficienza dei processi autorizzativi. Il Governo intende puntare sulla rete ferroviaria Alta velocità-Alta capacità per passeggeri e merci con il completamento dei corridoi Ten-T, su interventi sulla rete stradale e autostradale con un'attenzione particolare per ponti e viadotti, su interventi finalizzati alla promozione dell'intermodalità logistica integrata per le merci e di una mobilità a supporto del turismo». E qui emerge un'altra clamorosa contraddizione: senza il Ponte non ci sarà mai Alta velocità ferroviaria in Sicilia e non potrà essere completata la famosa Rete Ten-T che da Helsinki arriva fino a Malta.
«Non è inoltre trascurato il fatto che l'Italia, per la sua posizione privilegiata, può essere considerata una grande piattaforma sul Mediterraneo, capace di rappresentare il vero “porto d'Europa”, approdo naturale dei traffici di merci. È fondamentale, quindi, investire nelle infrastrutture, per cogliere l'obiettivo di connettere in maniera efficiente tutto il territorio italiano all'Europa, rendendo fluidi e veloci gli scambi commerciali, anche al fine di colmare il divario tra il Nord e il Sud». Lo si dice ma non lo si fa. E il peccato è ancora più grave: ipocrisia e fariseismo. In realtà il disegno è chiarissimo: «In tale contesto risultano quindi necessari investimenti sulla dorsale Tirrenica e Adriatica con una sinergica connessione tra reti ferroviarie, viarie e infrastrutture portuali e aeroportuali, nonché il raccordo fra il Brennero e il Tirreno». L'Italia sempre più spaccata in due, forse anche in tre o quattro parti, il Nord, il Centro-Nord che lambisce Lazio e Campania, il Sud, e poi, la nostra Isola condannata al definitivo isolamento, se non alla sparizione come la mitica Atlantide.
«In questa prospettiva, appare fondamentale non ritardare ulteriormente l'avvio di politiche di riequilibrio degli investimenti e cogliere la straordinaria occasione offerta dal Recovery Fund. La Svimez stima che per ogni euro di investimento al Sud, si generino circa 1,3 euro di valore aggiunto per il Paese, e, di questi, circa 30 centesimi (il 25 per cento) ricadano nel Centro-Nord. Il Pnrr rappresenta quindi una occasione unica per disegnare un nuovo percorso di perequazione tra le diverse aree del Paese...». Parole parole parole. «L'obiettivo prioritario resta quello di incrementare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno, al fine di colmare il divario infrastrutturale che rallenta la crescita di quei territori». Ancora parole parole parole... Ma delle parole, qui in riva allo Stretto, non sappiamo più che farcene. Ci vorrebbero le barricate.

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6 Commenti
Pasquale Messina
30/09/2020 16:02
Dott. D'amico mi sento di ringraziarla per il suo impegno a favore del ponte,ma questi sono i classici " facci i sola",perciò perde il suo prezioso tempo. Una cosa però tutto il popolo calabrese e siciliano la potrebbe fare,chiaramente escludendo i percettori di reddito di nullafacenza; restituire le schede elettorali, forse qualche effetto potrebbe sortire.Grazie ancora. .
Nicola
30/09/2020 16:51
Vogliamo il ponte .
Fernando
30/09/2020 19:19
Credo la colpa non sia di chi ha detto no, ma di chi ha votato coloro che, giò dalla campagna elettorale, si erano schierati contro tutte le opere infrastrutturali strategiche (Ponte, TAV, autostrade, etc, ect) ovvero ciò che permette una crescita economica reale, che sono investimenti fondamentali per il PIL. Purtroppo in tanti, troppi, hanno preferito la "decrescita felice" (felicità nella decrescita???) e il "reddito di sudditanza" (o di nullafacenza, va bene lo stesso), anziché migliorare. Domani nessuno di costoro si lamenti per l'assenza di lavoro, prospettive e opere pubbliche dopo essere tornati da viaggi all'estero!
Concetta
30/09/2020 21:17
Scommetto che i soldi destinati per il ponte verranno investiti per migliorare infrastrutture già esistenti al Nord. Se non per il ponte spero che almeno quei soldi vengano investiti per strade e collegamenti migliori, visto che il Nord è saturo di collegamenti e noi dobbiamo fare 3/4 cambi col treno per raggiungere casa. Vergogna
Vincenzo
30/09/2020 22:51
Vuoi vedere che adesso la colpa sia del governo attuale, se c'è uno stallo per la costruzione del ponte? Da un'altra parte ho letto che si sta valutando anche la creazione di una galleria sotterranea come quella che collega la Francia con l'Inghilterra. D'altra parte sarebbe un autogol dell'attuale governo non prendere la palla al balzo, penso che la Sicilia sarebbe un ottimo bacino di voti per loro. La cosa più importante secondo il mio modesto punto di vista sarebbe quello d'impegnarsi a rinnovare le varie autostrade e le strade ferrate, prima d'impegnarsi in quest'opera mastodontica per l'Italia. Staremo a vedere
Joshua
01/10/2020 17:18
Posto che perché si realizzi il ponte non ci vorrà un giorno e nemmeno un anno, ma ben che vada ce ne vorranno almeno 10 e visto i tempi del viadotto ritiro o di opere come il Mose beh qualche dubbio me lo porrei, anche e non solo sui tempi. Detto questo, mi chiedo e intanto che facciamo con tutte le opere infrastrutturali che andrebbero fatte ex novo o rivisitate di questa isola ormai preda dell'illegalità e dal menefreghismo? Ogni qualvolta torno da fuori mi deprimo, arrivi all'aereoporto di Catania che comincia ad assomigliare a un aereoporto internazionale e da lì poi ci si perde, autobus che magari a certi orari non ci sono, non ci sono collegamenti ferrati diretti, non sai quando parti e quando arrivi e dove arrivi, coincidenze o altro. Autostrade o statali ridotte ai minimi termini, per non parlare delle migliaia di provinciali. Non so se il ponte vi è sufficiente per essere felici, buon per voi! Sperando che abbiate il tempo di vederlo finito, non solo, ma a che prezzo per le popolazioni interessate. Certo fra il non fare nulla e ottenere la ciliegina meglio la ciliegina.
Gaetano
02/10/2020 17:32
Quella che Lei chiama ciliegina, a mio parere è il punto focale e centrale di partenza del progetto infrastrutture del Sud, in particolare tra Sicilia e Calabria, viceversa, senza ponte, le infrastrutture adiacenti, ammesso che si realizzano, rimarranno......monche!