Più che “lacrime e sangue” la manovra economica del governo Musumeci è una Caporetto che certifica l’arretramento rovinoso su tutto il fronte delle spese, con l’aggravante di non avere alle spalle una linea del Piave. La falciatrice ha attraversato a tappeto tabelle e allegati della Finanziaria, prosciugando, dimezzando o svuotando le risorse economiche che fino a ieri erano state garantite. A subire i tagli più pesanti i servizi sociali, la cultura e i trasporti.
Giusto per fare qualche esempio, la falciatrice non ha risparmiato i teatri: Vittorio Emanuele di Messina (meno 918mila euro), Massimo di Palermo ( - 265.000) Stabile di Catania ( - 100.000) Bellini di Catania ( - 1,8 milioni). Azzerato il contributo riservato al cinema ( meno 424 mila euro), colpi ferali a Taormina Arte (-543mila), al Brass Group ( poco più di mezzo milione), al Fondo unico regionale per lo spettacolo (-1,6 milioni) e per i teatri pubblici (- 535 mila) Prosciugate le risorse destinate all’Unione Ciechi ( - 573 mila euro), a Helen Keller (313 mila) e Braille (-576 mila), ai centri antiviolenza e case di accoglienza ( - 801 mila), cantieri di servizio ( meno 2,3 milioni), adozioni internazionali ( - 300.000), progetti individuali per disabili (2,4 milioni). A subire un taglio profondo è il trasporto pubblico locale che dovrà cedere quasi 43 milioni di euro.
Di fronte a questa prospettiva i deputati - oltre a certificare una manovra di «macelleria sociale», come è già stata definita - dovranno accettare una sorta di “suicidio” politico. E allora all’Ars è già scattato il “mumble mumble” per tentare di individuare un’alternativa, un piano B, una via di fuga dall’incombente disastro.
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