Cinque anni esatti. Il 24 giugno 2013 Renato Accorinti, t-shirt arancione “No Ponte”, jeans chiari e sandali ai piedi, viene letteralmente portato in trionfo, con una marcia colorata, dal comitato elettorale di via 24 maggio a Palazzo Zanca. Il 24 giugno di cinque anni dopo, Messina si appresta a scegliere il successore. Ancora un con un ballottaggio, da cui però Accorinti è rimasto fuori.
«È la primavera di Messina, abbiamo fermato a mani nude una portaerei», è la frase pronunciata poco dopo il verdetto che fa la storia. Palazzo Zanca è una bolgia, si respira aria di evento. Giunto nella stanza del sindaco, che qualche anno dopo avrebbe intitolato a Peppino Impastato, il neo sindaco Renato decide di rimanere a piedi nudi. È solo il primo di una serie di gesti simbolici che caratterizzeranno spesso l’intero quinquennio. Inizia così il primo mandato, dai tempi di quello targato Turi Leonardi e conclusosi nel 2003, durato per tutti i cinque anni. Inizia così una sindacatura che al di là di ogni valutazione di merito, è destinata ad essere oggetto di analisi politiche e per certi versi sociologiche anche da parte dei famosi posteri.
Al suo primo giorno da sindaco, Accorinti si presenta in bicicletta, dopo aver salutato tutti a scuola. E mantiene la promessa fatta in campagna elettorale: sradica letteralmente le barriere in vetro che regolavano l’accesso del pubblico al municipio. La t-shirt “No Ponte” viene sostituita da quella “Free Tibet”, un tormentone del quinquennio. Gran parte della città sembra vivere una luna di miele con Accorinti, ma ben presto si creerà una frattura perenne tra guelfi e ghibellini, tra “accorintiani” e non. E lo stesso sindaco si lancia spesso in strali nei confronti di “quelli che c’erano prima” (altro tormentone), ribadendo più volte di aver trovato un Comune molto più che sull’orlo del baratro. E infatti le prime mosse sono dirette proprio a raddrizzare la rotta. Viene chiamato un super-burocrate come Antonio Le Donne, ribattezzato nei corridoi di Palazzo Zanca “Balotelli” perché annunciato come fuoriclasse della macchina amministrativa. E a lui vengono consegnate, quasi come una cambiale in bianco, le chiavi di quella macchina. Il suo doppio incarico, direttore generale e segretario generale, diventerà anche triplo (ragioniere generale). Finendo per diventare spesso l’obiettivo della critica. Risultato? La macchina balbetta ancora in tante, tantissime componenti, di contro nei cinque anni vengono avviate le prime stabilizzazioni dei precari storici del Comune e vengono introdotte, per la prima volta, le figure “intermedie” tra dirigenti e funzionari. La seconda priorità: i guai finanziari. Si punta tutto sul piano di riequilibrio, un’ancora di salvezza di cui, dopo cinque anni, non si conosce l’esito (e sarà il primo step che il nuovo sindaco si ritroverà ad affrontare). Ma la prima fase del mandato si rivela estremamente complicata da questo punto di vista: i ritardi nei bilanci diventano degni di primati nazionali, e a pagare è la figura che più di altre, nei primi mesi, aveva assunto le redini della Giunta, Guido Signorino. A metà mandato lascia la delega al bilancio, che per quasi un anno va nelle mani del controverso Luca Eller Vainicher, entrato come tecnico, rivelatosi il più renziano dei renziani, quindi nella fase finale va al reggino Enzo Cuzzola. Le casse del Comune sono davvero risanate? Lo dirà il tempo. E, forse, il Ministero quando darà il responso sul Riequilibrio.
Sul fronte nomine, la più apprezzata (con qualche distinguo) è quella di Giovanni Foti, prima direttore generale e poi presidente dell’Atm, un’Atm rivoluzionata e riavvicinata a livelli di efficienza insperati. Il settore più delicato è quello dei rifiuti, con l’assessore Daniele Ialacqua spesso sulla graticola. La strada tracciata dal duo Ciacci-Rossi a Messinambiente fa pensare ad una possibile Atm bis, ma la chiusura della discarica di Mazzarrà, l’addio del duo di cui sopra, le frizioni con una parte del personale, provocano alcune emergenze. Nell’ultimo anno la svolta, col passaggio alla nuova società, la MessinaServizi. Ma anche qui, quali saranno gli effetti reali lo sapremo nei prossimi mesi. Di certo c’è un dato: la differenziata passa dal 3 al 13%. E in alcuni quartieri viene avviato il porta a porta. E l’Amam? Qui la svolta viene impressa con un’altra nomina di livello, il direttore generale Claudio Cipollini, ma nella mente di tutti rimane la lunghissima e ormai storica emergenza idrica dell’autunno 2015, uno dei momenti più difficili.
I passaggi amministrativi si alternano a quelli simbolici e “politici”. Lo stop, “con la sola imposizione delle mani”, imposto ai tir sbarcati al molo Norimberga. Il “Peace no War” urlato in faccia al presidente degli Stati Uniti Trump, in occasione del G7 di Taormina. La tenacia con cui Accorinti organizza la visita del Dalai Lama. Il discorso pronunciato alle Nazioni Unite. La bandiera della Pace esposta nel primo dei cinque 4 novembre vissuti da sindaco, fonte di polemiche e di un acceso scontro istituzionale con l’allora prefetto Trotta.
Di scontri, politici, i cinque anni di Accorinti sono pieni. Dal “fuoco amico”, quello di attivisti e consiglieri (in primis Nina Lo Presti e Gino Sturniolo) che entrano in frizione molto presto col sindaco, ai partiti “avversari”, che nel corso del mandato, pur non facendo mai mancare in Consiglio il numero legale necessario ad approvare gli atti finanziari più importanti, battagliano su altri fronti, come quello, accesissimo, della grande isola pedonale “Cairoli” voluta dall’assessore Cacciola. Ma giunti allo spartiacque della sfiducia, nel febbraio 2017, l’opposizione non riesce a compattarsi e il sindaco resta in sella. Pesano, inevitabilmente, sul consiglio comunale, le scorie sia dell’inchiesta Matassa sul voto di scambio che, soprattutto, di Gettonopoli, che mette alla berlina dell’opinione pubblica buona parte dell’Aula.
E anche dentro la Giunta gli equilibri cambiano ben presto. All’anima movimentista si affianca quella più “borghese”, che rapidamente prende le redini dell’Amministrazione, con in prima fila gli assessori Sergio De Cola e Gaetano Cacciola, a cui si aggiunge Nina Santisi (grazie alla quale si corre ai ripari su un fronte, quello dei servizi sociali in generale e dei migranti in particolare, in cui nei primi mesi si balbetta).
Qual è, per il resto, l’eredità? Certamente l’avvio di opere cruciali, come il nuovo porto di Tremestieri (progetto “antico”, di cui in questo mandato sono state recuperate le ultime somme), forse – visti i freni regionali – il cantiere della nuova via Don Blasco (stesso discorso del Porto), i progetti del Patto per Messina e i 90 milioni del Pon Metro, soprattutto per mobilità urbana e servizi sociali. E poi le linee guida del nuovo Piano regolatore, l’atto dal quale, probabilmente, traspare più che in altri la visione di città dell’Amministrazione Accorinti. Un atto che forse è arrivato tardi, perché quella visione – la volontà popolare del 10 giugno ha detto questo – dovrà interfacciarsi adesso con quella di un nuovo sindaco. Quello che stanotte raccoglierà il testimone da colui che “non sapeva che era impossibile, quindi l’ha fatto”.
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