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La magica estate dei Pinguini, incantesimo a Messina

Scommessa vinta per la band bergamasca che infiamma anche il San Filippo di Messina. Dal set acustico attorno a un tavolo (con 41mila “commensali”) è stato un crescendo di musica e parole nel segno della libertà

Quel brusio dell'arrivo, il tempo che si scalda, la luna che guarda. Tutte le braccia alzate per prolungare lo sguardo, per cogliere il primo scatto, il momento preciso in cui si abbassano le luci e si levano le voci. C'è un istante, c'è in ogni concerto, un lampo di silenzio tra l'entusiasmo di chi aspetta (al San Filippo domenica sera erano in 41mila) e la prima nota, l'attimo esatto in cui il mondo dentro allo stadio si ferma per prendere fiato. Quel baleno prima del boato.

«Messina, è bellissimo vedervi qui!». I “giovani wannabe” di tutte le età erano là. Tutti ammassati come piccoli mattoncini, come in quel “Tetris” in cui bastava completare le linee e tutto andava bene. «La vita non è così, ma stasera facciamo finta di sì». Riccardo è sceso da una scala, il ricordo è corso a quel Sanremo del 2020 da cui tutto (quasi) è partito. Lui è sceso e il volume è salito, e si è scatenata una potenza nucleare di musica e parole. Lui come Ringo Starr in un mondo di John e di Paul. Perché Zanotti è un frontman che chiama in causa, che condivide la scena. Perché quella Pinguina è una banda unica, ognuno ha la propria parte e tutti sono uno. Quella Pinguina è una storia che le storie le racconta nella lingua quotidiana. E sentirle tutte di fila quelle storie, vederle con mano uscire dai dischi e popolare la memoria collettiva è stato come assistere da dentro lo schermo alla proiezione di un film a puntate. E puntare tutto su trame tessute in prima persona.

Che sia un tatuaggio per coprire i segni dell'autolesionismo, Serena che si lascia incidere la pelle in diretta sul palco («Quando esce un singolo, nei giorni successivi vediamo che tanti decidono di fare una cosa che ha dell'incredibile. Tatuarsi la frase di una canzone è un atto di coraggio»). Che si tratti di un paese. «Paese vuol dire non essere soli. Che c'è qualcosa, una pianta, un fiore, che quando non ci sei resta lì ad aspettarti. Noi veniamo da una città che spesso si comporta come un paese... Bergamo!». Bergamo. La provincia, l'operosità, la sostanza. Poi il mondo che cambia. «C'è chi lo abbraccia il cambiamento, chi quantomeno cerca di capirlo. E c'è la juvenoia. Noi l'antipatia per le cose nuove lasciamola fuori da questo stadio». La «singolocrazia». Il momento di esorcizzare il tempo in cui sparirai per sempre («Finchè qualcuno canticchia le tue canzoni ci sarai, resterai»). Quel giorno del 2001 che ci ha cambiato la vita mentre «noi dei '90 guardavamo la Melevisione».

I Pinguini esseri politici? «Ma senza comizi, meglio rispondere con le canzoni». Lo sa “Freddy” che finché là fuori c'è buio, finché c'è qualcuno che la nega, «noi canteremo la libertà di essere e amare chi si vuole, qualunque sia il colore dell'arcobaleno».

Il set acustico attorno a un tavolo. È simbolo di unione e fratellanza il tavolo. Quel luogo in cui dovrebbe esserci sempre posto. Come a casa De André in Sardegna, come in un rito antico, come la samba de rota. «Attorno a quel tavolo c'è “Giulia” e ci siamo in 41mila, tutti commensali». Il numero più strano, il più particolare, il più innovativo della serata? È un esperimento, è un mega medley vestito da Butt dj set. Pare sia finita, però si sa che quando si annuncia l'ultima canzone, ultima non lo è mai. È solo “il bu bu settete dei grandi”.

E Messina si è infilata in tutti i pezzi. La notte ha saltato, il cuore ha ballato. «Abbiamo iniziato molti anni fa. Chi si ricorda Alcamo? Chi si ricorda Milazzo? Solo un rimborso spese e la paura di un colpo di sonno mentre eravamo alla guida del nostro furgone». Ne sono cambiate di cose da allora. Domenica sera sono arrivati dalla Sicilia, dalla Calabria, persino dall'Australia. E i Pinguini hanno rubato la notte di tutti. Col pastello bianco hanno colorato pure il mare. Undici tappe, un tour iniziato come una scommessa che ormai è stravinta. «È stata l'estate più bella della mia vita, è la verità. Sembrava La Storia Infinita e invece era solo la felicità».

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