Hanno parlato del Ponte sullo Stretto due leader nazionali, Giuseppe Conte e Elly Schlein. Il primo ha dichiarato che «sono troppi i soldi concentrati su una sola opera, meglio dirottare quei fondi verso la Sanità». La seconda, ieri da Cagliari, ha detto che il collegamento stabile tra Sicilia e Calabria «è inutile e anacronistico, quando invece non si è riusciti ad assicurare la continuità territoriale tra la Sardegna e il resto d’Italia». Bene... Conte è stato due volte premier negli ultimi anni. Schlein è la segretaria del partito che ha avuto, sempre nell’ultimo decennio, due ministri dei Trasporti e delle Infrastrutture, Graziano Delrio e Paola De Micheli. Nessun esponente dei Governi del Centrosinistra, durante gli anni di attività a Palazzo Chigi, ha mai ufficialmente pronunciato una parola contro il Ponte sullo Stretto. Conte, i suoi ministri ed ex parlamentari 5Stelle, quando era premier, si era detto interessato ai progetti di collegamento tra Sicilia e Calabria, ma si era innamorato soprattutto del tunnel, che era stato rilanciato – dopo essere stato bocciato, al termine di studi e verifiche durati vent’anni – dall’ex sottosegretario Cancelleri. Il Pd non ha mai chiuso la porta al Ponte, al punto da far insediare – con decreto della ministra De Micheli – una Commissione incaricata di studiare, per l’ennesima volta, le varie alternative progettuali in campo. Una Commissione tecnica che aveva, poi, dato il suo responso: il collegamento stabile, si legge nella relazione finale, è utile a garantire la continuità territoriale e a colmare il divario infrastrutturale della Sicilia con le altre regioni italiane.
Sui progetti la Commissione ha detto chiaramente che il tunnel non è fattibile tecnicamente e va scartato, restano invece in campo i progetti del Ponte a campata unica e del Ponte a tre campate. Soppesati pro e contro, la Commissione ha lasciato intendere di essere più favorevole al Ponte a tre campate, nonostante le gravi criticità (i piloni che poggiano nel fondo dello Stretto, lì dove passano le faglie sismiche) che erano emerse nel passato e che avevano indotto i più grandi tecnici ed esperti di ponti del mondo a escludere tale ipotesi.
Ecco questo è stato il lavoro consegnato dai Governi tecnici, a trazione Centrosinistra o guidati dall’ex presidente Conte. Ora che il Ponte è diventato l’opera simbolo del Centrodestra, cavalcato dal ministro Salvini, tutto il Centrosinistra, o quasi, ritiene che questa sia un’infrastruttura inutile, costosissima, dannosa al paesaggio e all’ambiente. E che i soldi del Ponte – non quelli di altre infrastrutture dall’impatto fortissimo sui territori, come la Gronda di Genova, la ferrovia Pontremolese, le stesse opere previste sulle montagne alpine per le Olimpiadi invernali di Milano e Cortina – vengano dirottati altrove. Verso la Sanità. Verso la messa in sicurezza dei territori alluvionati di Emilia e Toscana. Verso le imprese lombardo-venete che stanno facendo pressing sui loro presidenti di Regione, per convincere Salvini a smetterla con questa fissazione di una grande infrastruttura da realizzare nel profondo Sud.
Si sente ogni giorno la litania di chi dice “ma che lo fate a fare? È un favore alle cosche, a mafia e ‘ndragheta. Unirà due cimiteri, perché Messina e Reggio non reggeranno ai terremoti prossimi venturi...”. E così via discorrendo. C’è chi aggiunge: «Invece di fare il Ponte, si facciano strade e ferrovie». Le stanno facendo, Rfi e Anas hanno programmato, e appaltato, lavori per svariati miliardi nella sola Sicilia, come ha confermato giovedì Webuild con l’annuncio dell’assunzione di diecimila giovani siciliani e calabresi nei prossimi tre anni. Ma c’è chi dirà sempre: “Inutile fare il Ponte. C’è da sistemare la dorsale adriatica. C’è da potenziare Genova e il suo porto. C’è da investire sulla “povera” Milano. Ci sono le fogne a Valguarnera Caropepe, c’è il pronto soccorso che non funziona a Vibo Valentia”. Eccetera, eccetera e ancora eccetera...
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