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Pasqua irreale di lutti, nell'attesa che tutto passi: in casa pensando ai nostri medici-eroi

Le strade deserte di Messina in questi giorni

È una Pasqua di lutti e di attesa. Una Pasqua dove, per continuare a utilizzare il linguaggio bellico che per ora sembra accomunarci tutti, c'è chi è impegnato sul fronte e chi vorrebbe che la guerra fosse già finita.

È la Pasqua, innanzitutto, dei nostri anziani e di chi ha dovuto cedere le armi al killer silenzioso. Il numero dei morti, che sale di una o due unità al giorno, appare come una conta quasi fredda e scontata, alla quale ci siamo assuefatti, al punto da sentir dire: "Sì dispiace ma erano tutti vecchi o con gravi patologie pregresse".

Ma la morte di una persona non si giudica sull'età e neppure sul fatto se stesse male o meno. Messina ha avuto il suo piccolo grande focolaio, niente a che vedere con i diecimila morti del nord, con la criminale gestione dell'emergenza Covid-19 attuata in Lombardia, negli ospedali d'eccellenza di quel distretto sanitario che abbiamo sempre invidiato, nella gestione di città come Bergamo, Brescia, Milano e i loro hinterland che è stata scandalosa.

Altro che polemiche sul nostro chiassoso e volgare sindaco De Luca... Ma abbiamo avuto il nostro focolaio, prima nascosto ed esploso nella casa di riposo "Come d'incanto", poi diffusosi in altri luoghi come Irccs e casa di cura Cristo Re e purtroppo anche in provincia, a partire da San Marco d'Alunzio.

Ci sono inchieste giudiziarie in corso, andranno accertate fino in fondo tutte le responsabilità. Oltre venti delle 34 vittime messinesi erano ospiti della casa di via I Settembre: le loro morti chiedono giustizia. È la Pasqua dei medici e degli infermieri che la trascorreranno oggi nei reparti Covid, assieme ai pazienti. Gli eroi, sono stati definiti. In realtà, persone che stanno continuando a fare il loro dovere, come migliaia di altri operatori sanitari sparsi sul territorio e costretti a lavorare in condizioni precarie, con dispositivi di sicurezza carenti o addirittura senza adeguate protezioni per sé e per gli altri.

È una Pasqua irreale per tutti. Per le oltre seimila famiglie messinesi che si sono aggrappate come ad un ancora di salvezza alla Messina family card emessa dal Comune, per poter andare avanti nelle prossime settimane. È una Pasqua che nessuno avrebbe mai pensato fosse da vivere così, tra divieti che hanno attentato alla tenuta sociale, economica e soprattutto psicologica di individui e comunità, e atti di irresponsabilità che non possiamo in alcun modo permetterci.

È una Pasqua di simboli, la figura ieratica dell'arcivescovo che si staglia nella gelida vuota cattedrale, i volti ancor più sofferenti delle statue delle Barette costrette a stare ferme nel loro guscio, e non accadeva da 75 anni.

È una Pasqua di inviti martellanti a restare tutti a casa, anche inopportuni come quelli sparati a tutto volume dalle "cateno-mobili", che ci riportano alla necessità di non mollare la presa, di non cedere alla voglia del "libera tutti".

È una Pasqua che ci ha profondamente trasformati e se tecnicamente il termine Pasqua in ebraico significa proprio "passaggio", ecco questa del 2020 è proprio un crocevia fondamentale. Ma un passaggio verso dove, lo scopriremo soltanto percorrendo questo cammino di dolore e angoscia collettivi. E di speranza, che è l'ultima a morire.

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