La bomba di Messinambiente potrebbe essere di quelle a scoppio ritardato. La convocazione della società per il prossimo 7 novembre suona come il preludio alla dichiarazione di fallimento, perché a leggere l'ultimo provvedimento del giudice delegato sembrano esserci pochi margini di manovra per evitare il crac. Una volta che il primo creditore per valore economico, l'Agenzia delle Entrate, ha preferito rinunciare all'offerta di circa 17 milioni di euro, sui 56 milioni che deve avere, il piano concordatario sul quale si lavora da anni non ha più possibilità di essere approvato. Come si legge sulla Gazzetta del Sud in edicola oggi, si aprono a questo punto una serie di scenari. La società sarà chiamata in tribunale ad esprimere la propria volontà sul futuro del concordato.