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Il fascino senza confini di Tolkien incanta Messina

Una testimonianza d’eccezione a Messina. La principessa Vittoria Alliata prima traduttrice della trilogia

Boncoddo e Alliata

Il 3 gennaio è una data importante per tutti i tolkeniani del mondo, per chi ha viaggiato nella dimensione fantastica del glottologo, glossopoieta, filologo britannico John R. R. Tolkien, eccelso studioso della lingua inglese antica e autore, tra l’altro, della trilogia «Il signore degli anelli», testo entrato ormai stabilmente nell’immaginario collettivo con la potenza della sua lingua e dei suoi messaggi, tanto da avere generato comunità mondiali unite dalla passione comune per la saga. Il 3 gennaio 1892 nacque Tolkien, e in tutto il mondo in questa data si celebra il suo compleanno con iniziative di ogni genere. A Messina, all’Istituto teologico S. Tommaso, la sua malia ha incantato ancora il pubblico nel corso di un incontro veramente speciale con la principessa Vittoria Alliata di Villafranca e Valguarnera, studiosa di vasta cultura, islamologa e arabista, che, a soli sedici anni, fu la prima a tradurre dall’inglese in italiano il testo allora quasi sconosciuto del «Signore degli Anelli», destinato a diventare testo capitale, crocevia di storie e di metanarrazioni. Un incontro fortemente voluto dall’Associazione culturale Eriador e dal suo presidente, professor Marco Boncoddo, che tiene vivo Tolkien e la bellezza sacrale del suo mondo trasmettendola ai giovani con tante iniziative e laboratori didattici, in collaborazione con i professori Nico e Nancy Antonazzo, rispettivamente vicepresidente del Cidi di Messina e presidente dell’Associazione Terremoti di Carta.
Ad accogliere la principessa Alliata – che al termine dell’incontro ha ricevuto la targa di “socia onoraria” di Eriador – sono stati Boncoddo, che ha ringraziato anche l’Associazione turistico-culturale Pro Saponara, la giornalista della Gazzetta Anna Mallamo, moderatrice dell’incontro, tolkeniana «per scelta di vita» dall’adolescenza, e l’etnoantropologo Sergio Todesco che ha voluto condividere un commosso ricordo del padre della studiosa, il principe Francesco Alliata. A fare gli onori di casa don Giuseppe Cassaro, direttore della comunità del S. Tommaso, teologo e studioso di antropologia teologica che nel ringraziare la principessa Alliata ha raccontato di aver “incontrato” il testo di Tolkien durante gli studi di specializzazione a Roma: quel mondo affascinante fu una rivelazione che lo aiutò «a forgiare il suo modo di leggere la realtà».
«Una testimonianza preziosa, in un giorno importante per noi tolkeniani – ha detto la Mallamo – cui si aggiunge la fortuna di avere con noi un personaggio quasi mitologico, la principessa Alliata, che ha un primato assoluto: è stata la prima traduttrice italiana, la prima “mediatrice” di un’opera enorme destinata a colonizzare l’immaginario di diverse generazioni grazie alla sua potenza, alla capacità di affascinare lettori di ogni età e portatori dei saperi più diversi, di attrarli nel suo universo, in quel vasto, ambizioso disegno tolkeniano di creare un ciclo che fosse paragonabile a quelli antichi, basato su valori in cui ci riconosciamo e continuiamo a riconoscerci».
Un’avventura affascinante che la principessa Alliata ha ripercorso nella sua appassionata “lectio”, emozionandosi di fronte al vecchio volume dell’edizione Rusconi – la seconda italiana, risalente al 1977, con la sua traduzione, rimasta per anni l’unica – del «Signore degli anelli». Un testo che la incantò per sempre, un contenitore di bellezza, a cominciare dalle parole che hanno tessuto un potente mondo fantastico, un incrocio di lingue, idiomi, nomi e toponimi, oltre che una vicenda avventurosa e trascinante, che la traduzione della Alliata («la traduzione è arte della comprensione e della scelta – ha detto la Mallamo – un’arte cruciale paragonabile a quella della creazione») ha reso viva e pulsante.
«Tutto comincia dalla parola», ha sottolineato la Alliata, e nel suo racconto tradurre è stato un lavoro di dedizione completa e assoluta, per «intercettare ogni suggestione» che Tolkien, finissimo studioso della lingua, voleva che giungesse ai lettori «perché si sentissero parte di quel mondo che aveva creato».
Alla vicenda della traduttrice alle prese con un autore estremamente esigente, si aggiunge la vicenda di Vittoria Alliata sedicenne che conosceva le lingue e studiava l’italiano da “straniera” in una scuola francese, e che attraverso quell’avventura di traduttrice voleva conquistare libertà e autonomia. La prima casa editrice a decidere di pubblicare Tolkien, allora autore sconosciuto, fu la benemerita Astrolabio e proprio lì, in modo del tutto casuale – era la metà degli anni Sessanta – cominciò la carriera della Alliata, con quella vera e propria sfida epocale: un’impresa pazzesca per una sedicenne in tempi in cui non esistevano tutti gli strumenti di cui disponiamo oggi.
«L’editore mi diede da tradurre alcune pagine e anche alcune appendici – che sono una parte molto “particolare” e non facile del testo – : si trattava di rendere leggibile quell’autore in un tempo in cui in Italia pochissimi capivano l’inglese. Così io, che all’epoca leggevo e traducevo Joyce, piombai in questa storia, senza sapere niente di questo signore, senza poter chiedere nulla a nessuno: non c’era alcuna possibilità se non proprio la volontà di entrare in quell’universo intimo. Ma il traduttore – ha continuato la principessa – è un umile trasmettitore, in particolare di un autore come questo in cui il logos, la parola, è fondamentale, perché da lì inizia la creazione del mondo (la posizione tolkeniana è affine a molte tradizioni spirituali). Ecco perché rispettare la volontà dell’autore per me divenne un’esigenza fondamentale e una via maestra. Tolkien mi aveva fatto avere una guida con minuziosissime indicazioni, molto esplicite. Man mano che traducevo, con un’obbedienza assoluta alle sue istruzioni, capii che era un inglese meraviglioso. Ogni parola, ogni elemento della nomenclatura, ogni toponimo era tutto un universo che si sviluppava e che bisognava rendere nel modo migliore, perché Tolkien voleva che tutti sentissero che questa era la storia di ciascuno di noi, voleva che ciascuno assimilasse questa vicenda come un mondo che gli corrispondeva».
Nel suo racconto la principessa ha ripercorso le vicende editoriali successive a quella prima pubblicazione: l’edizione di Rusconi con un’introduzione di Elémire Zolla e la revisione del curatore Quirino Principe, poi di Bompiani. Fino alla situazione attuale, con un nuovo traduttore e questioni che hanno opposto la Alliata agli editori, fatalmente coinvolgendo – con lunghe discussioni nei forum e sui social – la comunità tolkeniana.
E tuttavia, per quante “questioni” possano esserci, di qualunque genere, il fascino potente di quel testo rimane, e avvince milioni di persone. «Questo è un testo sacro – ha concluso la Alliata – , l’ultima epopea sacrale dell’Occidente, ecco perché è importante che tutti ma in particolare i giovani lo tengano “sveglio”». I giovani della platea annuivano, e non solo loro.

 

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