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La forza e l’inquietudine di Goliarda Sapienza donna e autrice libera

Messina, un appassionato racconto. La professoressa Carmelita Paradiso ne ha tracciato il complesso profilo

Fondamentali domande cui dare una risposta ed un vissuto denso di esperienze, anche dure, in perpetua dialettica col padre e con la madre, per definire, attraverso i genitori, se stessa: Goliarda Sapienza, figura fortemente rappresentativa della nostra contemporaneità letteraria, ha incarnato nella sua controversa personalità inquietudini e dubbi di un’intera generazione a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. La sua figura di donna libera da etichette e stereotipi, che ha calcato la scena della vita e del teatro con uguale spirito di scoperta del sé, è stata narrata con grande passione nell’incontro «Goliarda Sapienza: attrice, sceneggiatrice, scrittrice originale, donna libera», promosso dalla Delegazione “P.Sgroj-G.Morabito” dell’Associazione italiana di Cultura classica, nell’Aula magna del Liceo classico Maurolico di Messina. Ad illustrare la vita, il pensiero e la poetica della scrittrice di origini catanese (figlia dell'avvocato socialista Giuseppe Sapienza e della sindacalista Maria Giudice, prima donna a dirigere la Camera del Lavoro di Torino) la professoressa Carmelita Paradiso, docente di materie classiche e finissima intenditrice di letteratura contemporanea.

È stato un articolato e partecipato excursus fra i talenti di una donna che dopo le esperienze giovanili nella recitazione (si era formata all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico di Roma) approdò alla scrittura con romanzi ed opere autobiografiche – molte pubblicate postume – dopo l’esordio nella poesia negli ’50. Composizioni che già contenevano le tematiche che andranno a costituire il leitmotiv delle opere successive, in cui si legge una donna che cerca nuove sfaccettature alla sua identità, secondo e oltre il modello materno. Declinati in maniera diversa, il rapporto con la madre e il padre, la peculiarità delle loro figure, il paesaggio potente dell’Etna e del mare come metafore di libertà, e la vicinanza all’amica Nica, compagna di giochi e di formazione, saranno ricorrenti nei suoi scritti.

«I versi scritti per madre e padre costituiscono la struttura entro cui le due figure, non solo destinatari, sono chiave del percorso del ritorno ancestrale della poetessa dalla morte alla vita», ha spiegato la professoressa Paradiso. Quindi parte del difficile processo di elaborazione del lutto materno, che include anche il rapporto col proprio Io e con altri modelli, genitoriali e non, secondo il paradigma interpretativo della psicanalisi.

«La sua poetica è figlia del Novecento, del crollo delle verità assolute – ha specificato la docente – , dell’irruzione in letteratura dell’inconscio e delle influenze della psicanalisi», che Sapienza declina in maniera del tutto personale scrivendo il suo primo romanzo, «Lettera aperta» (1967), nel periodo per eccellenza dell’antiromanzo. Mentre «Il filo di mezzogiorno» (1969) rappresenterà un resoconto della terapia psicanalitica con il medico messinese Ignazio Majore, interrotta per un difficile transfert con l’analista. Rispetto alle opere autobiografiche Sapienza parla di «Autobiografia delle contraddizioni», consapevole che la realtà e la vita sono contraddittorie e che la stessa la scrittura è bugia, tentativo di offrire una verità reinventata.

«La sua poetica si basa sul continuo rapporto dialettico tra verità e bugia – ha continuato Paradiso – tra realtà e magma dell’inconscio, fra storia e finzione umana». Dotata di un forte senso della fisicità, anche per la sua formazione attoriale, in Goliarda Sapienza infatti corpo e anima sono il binomio inscindibile in cui si concentra l’esistenza, il dolore come la gioia di vivere e quindi il destino di ciascun essere umano. E poiché nessuno può essere esente dalle bugie dell’inconscio, è importante usare la parola per svelare la menzogna e capire.

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