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“Se piove lascia piovere”, la saggezza dei detti popolari

Il nuovo delizioso libro scritto da Nino Sarica, studioso delle tradizioni, scrittore e storico collaboratore della Gazzetta del Sud

La saggezza dei detti popolari si unisce alla tradizione del dialetto messinese, quello puro e originale, nel nuovo libro “Se piove lascia piovere”. Curiosità dialettali messinesi del giornalista (storico collaboratore della Gazzetta del Sud), scrittore e attento studioso, Antonino Sarica. Un messinese appassionato di storia e tradizioni della città dello Stretto e della Sicilia, e pertanto, alla costante ricerca di documenti e testimonianze che le raccontano.
Un salto nel passato per riscoprire “quel dialettu” originale, conservato in vecchi modi di dire, proverbi, curiosità, espressioni vivide (ormai in disuso) della cosiddetta “parrata missinisa” o linguaggio del popolino. A titolo esemplificativo se ne indicano alcune contenute nel saggio: “Si ghiovi lassa ghioviri” (se piove lascia piovere che tradotto vuol dire pazienza tornerà il sereno), “Sinceru, comu l'acqua di maccaruni” ( sincero, tale e quale l'acqua dei maccheroni, vale a dire niente affatto sincero), “Com'a monica nto specchio” (per indicare un gesto veloce come facevano una volta le suore che davanti allo specchio si indugiavano un attimo appena per non peccare di vanità). “U Signuri è a San Jachinu” (il Signore nella chiesa di S. Gioacchino, che significa niente denaro), l'orazione ai santi medici Cocimu e Damianu (Cosma e Damiano) per preservare il corpo dalle malattie o invocare una guarigione. Da ricercatore attento, Sarica in questo saggio ( Edas editori, 96 pagine), riuscendo a scavare nel passato attinge al frasario antico fatto da modi di dire comuni, forme dialettali figurate unite a orazioni, canti, versi, indovinelli, doppi sensi, metafore che restituiscono al dialetto la sua naturalezza. “Se piove lascia piovere”, al contempo, vuole essere un tributo alla sapienza dei vecchi saggi espressa nei proverbi dialettali.
«Un patrimonio culturale e antropologico ancora vivo – scrive nella prefazione la giornalista Milena Romeo – da salvaguardare e valorizzare in quanto configurazione dell'identità messinese» . Dunque, non una lingua morta, bensì molto viva che va recuperata attraverso testimonianze scritte come può essere un libro. Da “Patri Francia” ( padre Annibale Maria Di Francia) alle “Case Mignuni” (quartiere Avignone), la chiesa di San Gioacchino e il Monte Scuderi, metafore e doppi sensi, canti, indovinelli. Espressioni tipiche della lingua dialettale e in cui si specchia l'identità messinese.
Nella sinossi del libro curata dal giornalista e critico letterario, Sergio Di Giacomo, si sottolinea «come questo saggio, nato da una ricerca originale dell'autore, si ponga in continuità con il percorso di studi sul dialetto avviato dallo stesso Sarica, inserendosi nel filone generale delle ricerche sulle tradizioni messinesi di lungo periodo. Questi detti dimenticati ci permettono di vivere da vicino un piccolo mondo antico. Affascinante e originale».

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