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Se “La tenacia di Maria” diventa patrimonio di tutti: al MuMe lo spettacolo in nome della prima direttrice Accascina

Da un’idea del direttore Orazio Micali. In scena l’attrice Mariapia Rizzo

Lei è lì. Nelle sale del MuMe, il Museo Regionale di Messina il cui nome suona come “memoria”, e che sempre più è consapevole della sua missione. Lei è lì, immateriale e persistente, parte della collezione, che non è solo di reperti e opere, per quanto magnifiche: il Museo di Messina è anche un museo della tenacia, degli sforzi di generazioni e di singoli, donne e uomini illuminati, che partendo da quella disgraziata notte del 28 dicembre 1908, quando tutto andò distrutto e molto andò perso della vecchia città, ricominciarono a ricostruire.
Nelle sale del Museo è andato in scena «La tenacia di Maria», la cui protagonista è Maria Accascina, un nome che a molti cittadini è (ancora) non familiare, ma noi speriamo lo diventerà presto, quando il Museo sarà intitolato a lei, che ne fu direttrice. Era il 1949 e non erano molte le donne a capo di istituzioni culturali, men che meno nel Sud. Una nomina “provvisoria”, certo, che divenne provvisoriamente definitiva (fino al 1963). Maria Accascina s’innamorò di quel patrimonio immenso e sconnesso, di quel corpo antico della città in pezzi, accatastato provvisoriamente in una sede provvisoria (è diventata definitiva quasi 70 anni dopo...). E non si fece turbare dalle mille difficoltà, dalle mille inerzie, dal trauma collettivo d’una città che stentava a riprendersi un futuro, e sentiva cancellato il passato (trauma che ancora oggi scontiamo).
Noi siamo stati privilegiati: grazie a questa intelligente produzione (del Museo Regionale di Messina, adattamento teatrale a cura del Clan degli Attori, regia di Giovanni Maria Currò e Mauro Failla, adattamento del testo di Giusi Arimatea, produzione video di Gabriella Sorti, e il tutto da un’idea del direttore del Museo Orazio Micali) abbiamo potuto vedere e ascoltare Maria Accascina, dentro le sale del “suo” Museo, vicino alle vetrate che consentono in ogni momento al “dentro” di dialogare col “fuori”, alla luce di giocare con le ombre proiettate da statue, capitelli, dipinti. Ce l’ha restituita, con grandissima forza, Mariapia Rizzo (nella foto), attrice messinese di rigorosa formazione e di squisito talento, che è pure – e questo nella “formula” complessiva della pregevole operazione ha un suo peso – un’inesausta animatrice culturale, una crociata del teatro e delle sue immense possibilità di dialogo con e nella comunità. Mariapia Rizzo ci ha svelato, con emozione e rigore, con parsimonia e densità di gesti al servizio d’una rocciosa, eppure impalpabile, presenza, il cuore appassionato di Maria Accascina, il suo coraggio, la sua caparbia resistenza, la sua grandissima capacità d’immaginare il futuro: quello di cui Messina, e il Museo che ne era, e ne è, parte e specchio, sineddoche e metafora, avevano, hanno più bisogno.
Questo è accaduto, al Museo, nelle due serate (di buon successo di pubblico e molti applausi) che speriamo si possano replicare, magari ampliando ancora il testo: si è tessuto – e ringraziamo anche di questo l’ingegnoso direttore Micali, che interpreta nel modo più ricco ed estensivo il suo ruolo – un altro filo che lega il Museo alla comunità, si è fatta sostanza viva di quella “identità” di cui tanto si parla ma che ha bisogno di tanto lavoro, di idee, di gesti del genere.
Sì, il MuMe – dove da poco si è inaugurata la bellissima mostra permanente dedicata al terremoto del 1908, evento distruttivo e fondativo assieme – si conferma “macchina di cittadinanza”, non teca di reperti ma fabbrica di significati. E sì, sarebbe bello rivedere quest’installazione teatrale proprio quando il Museo sarà intitolato ufficialmente a Maria Accascina (cosa per cui facciamo ogni voto e raccomandazione alle autorità competenti: l’iter è avviato all’assessorato regionale competente). Perché il Museo è memoria viva. Viva come Maria Accascina.

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