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E in scena c’è un uomo in mezzo a tanti “pupi”: «La grande menzogna» al Cortile Teatro Festival di Messina

Con David Coco che dà corpo e voce al giudice Paolo Borsellino e alla sua storia si conclude trionfalmente la prima parte della rassegna

Riannodare i fili della memoria, rimettere insieme i pezzi, ripercorrendo fatti e protagonisti attraverso parole e gesti, anche quando i fatti e i protagonisti appartengono a quello che pare essere il più grande depistaggio giudiziario della storia della Repubblica. Sigaretta in mano, sguardo fiero, illuminato da luci e ombre che ne disegnano il profilo lungo le pareti del suggestivo spazio del Cortile di Palazzo Calapaj-D’Alcontres, David Coco, nei panni del giudice Paolo Borsellino, dà corpo e voce a quella che vuole essere più un’invettiva che la cronaca dei fatti, una richiesta di verità, una narrazione pensata e strutturata per accendere i riflettori su un’altra storia.

“La grande menzogna”, spettacolo scritto e diretto da Claudio Fava, per la produzione di Nutrimenti Terrestri, dopo il debutto al Festival di Tindari è approdato a Messina, per due repliche da tutto esaurito che hanno concluso la prima parte della XII edizione del Cortile Teatro Festival di Messina, diretto da Roberto Zorn Bonaventura, appuntamento prezioso per l’estate cittadina, capace di coniugare incontro, condivisione, riflessione grazie al teatro e alla forza della drammaturgia contemporanea.

L’esplosione provocata da 70 chili di tritolo, il boato, i corpi dilaniati, le fiamme, le vite spezzate, entra subito nel vivo delle cose Coco, per raccontare la morte del giudice Borsellino e dei cinque agenti della scorta. Un Borsellino lucido e consapevole dei fatti individua subito le storture e le mezze verità che hanno caratterizzato già gli attimi successivi alla sua morte e, con un ritmo incalzante, traccia minuziosamente i confini di un depistaggio lungo 17 anni, tirando su, uno dopo l’altro dei manichini a rappresentare i vari personaggi, o meglio i vari “pupi” utilizzati per sviare dalla verità, grazie alle efficaci scene realizzate da Lydia Giordano e Iolanda Mariella.

Ci sono l’uomo in divisa giunto fra i primi sul luogo della strage e il (falso) pentito Vincenzo Scarantino, e il procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra. Ci sono anche il manichino di Arnaldo La Barbera, capo della squadra mobile di Palermo, ex informatore del Sisde e il funzionario eccellente Bruno Contrada. Marionette servite per mettere in scena il depistaggio in un Paese dove spesso la ricerca della verità si scontra contro muri insormontabili.

E pure la liturgia del ricordo, un giorno all’anno – quel 19 luglio in cui lacrime e parole accomunano la società civile tutta – ha oscurato la ricerca di un’altra verità, quella richiesta a gran voce da Coco/Borsellino, perché dietro la strage di via D’Ameglio c’è sì la mafia ma non soltanto la mafia. Lo ripete più volte il giudice, lasciandosi andare anche a momenti di sconforto, delusione, stizza, malinconia, o concedendosi una danza liberatoria sulle note del brano Summer on a solitary beach di Franco Battiato.

Il Festival proseguirà con tre spettacoli nell’Area Iris a Ganzirri: il 16 agosto (ore 21) tornerà «Simposio», l’applauditissimo cunto di Gaspare Balsamo; il 17 (ore 19) uno spazio per i più piccoli, «Upi pian pianino» con Monia Alferi (anche regista) e Manuela Boncaldo; il 18 (ore 21), conclusione con “Vacanze romane”, scritto e diretto da Nella Tirante e interpretato da Giulia Eugeni e Matteo Berardinelli.

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