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L’arcivescovo Cannavò, un padre premuroso della Chiesa messinese

Il 100° della nascita del Pastore peloritano

Più volte e per circostanze diverse - in qualità di suo segretario e per l’affetto vicendevole che ci ha unito nei 20 anni del suo ministero episcopale a Messina e nei successivi 18 anni da Emerito ad Aci S. Antonio -, ho avuto la gioia di scrivere sull’arcivescovo, padre e pastore Ignazio Cannavò. La ricorrenza del centenario della sua nascita, mi dà l’opportunità di testimoniare che è ancora vivo nel mio ricordo e in quello di tanti altri. Molteplici e vivi i giudizi espressi da autorevoli personalità che lo hanno conosciuto ed apprezzato nei 20 anni di servizio alla Chiesa di Messina. Il 9 dicembre del 2003 il Rotary gli dedicava - me presente per riceverla - una targa. L’on. Campione evidenziò «la sua grande attività svolta, nella città dello Stretto, soprattutto a beneficio di poveri, carcerati, disoccupati e senzatetto». L’unico suo cruccio, nel lasciare Messina, non avere potuto procurare un cappellano per l’ospedale Papardo. In occasione del suo 90° compleanno ha avuto un esilarante effetto il titolo dell’articolo apparso la domenica 11 dicembre 2011 su questo stesso quotidiano “Vorrei fare 13 al Totocalcio”. Allora è stato presentato come un antesignano della carità, della catechesi e degli oratori parrocchiali. Parafrasando i suoi 90 anni con il “Novantesimo” minuto di una partita di calcio, è stato paragonato, fra l’altro, all’umile e nascosto “quarto uomo”. Questo faceva intuire la virtù che sempre ha distinto il nostro padre Ignazio. In lui mai atteggiamenti di protagonismo. Il suo stile, tenere un contegno dimesso, scevro di accessori inutili e vistosi, anche nelle solennità. Mai uno sfoggio della sua cultura. Sono numerose le sue lettere pastorali, ancora attuali, profetiche ed intelligente lettura dei segni dei tempi. Interessante citare appena una affermazione significativa, tratta da un suo articolo, proposto nel quotidiano Gazzetta del Sud (1 agosto 1993) del quale era collaboratore: “Anche le pseudo feste religiose possono essere mafia”. È consuetudine che ogni vescovo abbia un motto ed uno stemma. Padre Ignazio non aveva né l’uno né l’altro. Egli seguiva la spiritualità di S. Francesco d’Assisi, povero e umile, era anche terziario francescano. Provvide successivamente a Messina. Per il motto fece seguito a quello del suo predecessore, monsignor Fasola: “Duc in altum”. Volle esserne il continuatore e decise di ripetere il dialogo tra Gesù e Pietro “in verbo tuo”. Per lo stemma preferì la Madonnina del Porto. L’arcivescovo Cannavò ha trattato i preti come un padre premuroso, i fedeli tutti con gentilezza, signorilità, segno di unità e di amore. Era un uomo di preghiera, di fede e devozione. Iniziò diversi processi di beatificazione e canonizzazione” di qualche laico, di sacerdoti e suore.
A conferma di quanto scritto e detto e a testimonianza della sua umiltà, mi piace fare “parlare” due foto, aggiungendo una breve didascalia illuminante. Il 7 ottobre 1990, in piazza S. Pietro, fu beatificato il Canonico Annibale Maria di Francia. L’arcivescovo Cannavò chiese questa beatificazione al Papa Giovanni Paolo II. A conclusione della celebrazione, mentre la processione si avviava per deporre i paramenti liturgici, (io ero accanto all’arcivescovo), fui affiancato dal segretario del Papa che mi disse “accompagni l’arcivescovo dal Santo Padre. Anche lei lo saluti e si allontani”. Riferii l’invito a mons. Cannavò il quale, incredulo, mi redarguì “ma cammina e sbrighiamoci”. Mi venne subito in aiuto il segretario mons. Stanislao “sì Eccellenza è vero! L’attende il Santo Padre”. L’accompagnai, salutai il Papa e mi allontanai.
Guardando da lontano, ho potuto carpire dalle loro labbra quanto si erano detto… “ho pensato di crearla cardinale al prossimo Concistoro (del 28 giugno 1991) e farla venire a Roma”. La risposta di rifiuto di padre Cannavò non fu accolta bene dal Papa. Mentre tornavamo in sacrestia per deporre la casula, esclamai gioioso “padre, ho capito bene?... Il Papa la crea cardinale?” Mons. Cannavò provò un sussulto. Si fece serio. Mi diede uno strattone con il gomito e mi disse “cammina, statti zitto e non dire sciocchezze!”.

Sac. Salvatore Alessandrà 

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