«Vado a ricercare negli altri parte del mio nodo interiore. Per esempio l’ironia per me è importante e la cerco nell’altro. Ma nell’amore allo stesso tempo ci piace essere sorpresi dal diverso da noi. Inoltre a me piace l’inizio difficile della relazione: a volte proviamo quasi un sentimento di ribrezzo quando incominciamo a sentire che dentro di noi inizia a muoversi un sentimento per l’altro perché è una sorta di difesa», parla così dell’amore e di tutte le sue declinazioni Andrè Aciman, l’autore egiziano, da tempo naturalizzato statunitense, in collegamento con la giornalista Eleonora Lombardo, che ha conversato con lui di “Delicate metamorfosi dell’animo”, titolo dell’incontro.
È ancora l’estate, metafora fondante della gioventù e dell’amore, la grande protagonista di “L’ultima estate”, il romanzo di Aciman recentemente pubblicato da Guanda. Dopo “Cercami” e “Chiamami col tuo nome” (divenuto un fortunato film di Luca Guadagnino), entrambi Guanda nell’edizione italiana, le intermittenze proustiane del cuore (e di Proust Aciman è studioso e profondo conoscitore) e i misteri dell’amore sono raccontati con cifra lieve per chiederci, proprio come fece Ovidio, con il fascino del racconto e dell’immaginario, chi siamo, come diventiamo, per riflettere sull’identità, per osservare le nostre pulsioni e le nostre passioni e guardare criticamente alla illusoria definitività di ciò che è e si è.
Quella provvisorietà tutta mortale (e così ci definivano gli antichi) che i miti archetipici ovidiani squadernano in un metaforico scenario che adombra il nostro mondo attuale con la sua complessità. «La gente che vuole impadronirsi di un’unica identità mi preoccupa moltissimo – ha detto lo scrittore – , io non credo alle identità fisse, tutto è diventato fluido» e così anche il discorso amoroso con le sue cadenze d’inganno.
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