L’edizione numero 66 del Taormina Film Fest, appena conclusa, sarà ricordata come un evento che ha sfidato l’emergenza sanitaria (e anche Giove Pluvio), garantendo, oltre al rispetto delle regole, un parterre di qualità. Ma è stato soprattutto il Festival della grande cinematografia europea, con poco glamour e tante opere di qualità che hanno delineato il ritratto di una quotidianità complessa nei suoi risvolti sociali ed intimi.
Ce lo conferma Francesco Calogero, regista messinese innamorato della settima arte continentale, che ha condiviso con Leo Gullotta la direzione artistica di questa edizione. «Abbiamo provato a portare anche film americani, come quello di Leguizamo, già inserito nel programma; ma la possibilità di una quarantena lo ha fatto rinunciare; così come sono saltati altri contatti presi da mesi . La sezione “Indieuropea” era già prevista nel piano originario per creare uno spazio che contenesse opere indipendenti europee, selezionate dagli Under 35 dell’Unint, che hanno lavorato in concerto con la direzione artistica e col festival».
Tutta la realizzazione del festival è stata piuttosto avventurosa e l’iter di preparazione complesso, a causa di interruzioni, forzati cambiamenti di programma, disdette dell’ultimo momento. Ma la volontà di esserci e la caparbietà hanno vinto su tutto: «Avevamo fatto un lavoro di preparazione all’evento già un anno fa – continua Calogero - prima del Mercato Internazionale dell’Audiovisivo e visionato tutto quello che era stato presentato lì oltre che all’European Film Market di Berlino. Durante il lockdown abbiamo lavorato in smartworking e seguito l’evoluzione della situazione mondiale. Ma le difficoltà di portare a termine un progetto di livello sono state moltissime. Al punto che eravamo quasi convinti che il festival sarebbe saltato, nonostante quello di Taormina sia uno dei pochi eventi al mondo a non essersi interrotto nei suoi 66 anni. Abbiamo così lavorato tanto, senza sosta, per salvarlo in extremis, rispettando la data estiva per rilanciare il turismo. Con tempi ridottissimi, abbiamo preso alcuni film dal mercato virtuale di Cannes. Io personalmente ne visionavo tanti, anche simultaneamente; cosa possibile nel mercato virtuale, ma non in quello fisico, ove non puoi trovarti contemporaneamente in sale diverse. Quindi un’esperienza di “bulimia virtuale”».
Ma i due direttori artistici, lavorando su fronti diversi (Gullotta sulla parte spettacolare e Calogero sulla selezione delle opere), sono riusciti in tempi record a proporre 42 film. «È stata però un’edizione totalmente avventurosa».
Doveroso con Calogero un riferimento alla peculiarità del cinema europeo, protagonista di questo festival: «Il cinema europeo lavora su sentimenti, stati d’animo e sfumature e non è un caso che i premi principali siano andati ad opere continentali. Film spettacolari come quelli statunitensi vanno anche bene al Teatro Antico; ma per tradizione l’evento di Taormina è quello che scopre attori, registi e cinematografie estere; per cui bisogna puntare su un cinema difficile da vedere nei circuiti commerciali, sperando tuttavia che sia consentito al pubblico italiano di vederlo in sala».
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