Nel 2007, il regista e sceneggiatore siciliano Salvatore Maira, stupì la critica cinematografica con il film, “Valzer”, girato in un unico piano sequenza, che valse il premio Pasinetti alla protagonista, Valeria Solarino, alla 64° Mostra del Cinema di Venezia. Anni dopo si affacciò l’idea per un lungometraggio epico ma il cineasta, originario di San Cataldo (classe ’47) anziché affondare il colpo, decise di cambiare musa, scrivendo il suo primo romanzo da pochi mesi in libreria.
Si tratta di “Diecimila muli” (Bompiani, pp.756 euro 19), un racconto che copre dal settembre del ’49 alla primavera del ’50, rivelando una vera e propria impresa epocale ovvero il trasferimento alla Grecia di ben diecimila muli come forma di pagamento del debito di guerra contratto dall’Italia nella seconda guerra mondiale. Una storia che riguarda la città di Messina – in cui si svolge larga parte della storia narrata e minuziosamente ricostruita – visto che le bestie raccolte in tutta l’isola venivano convogliate in città prima di prendere il mare. Ma in questa intervista alla Gazzetta del Sud, Maira rivela che il protagonista di quella caccia ai muli - il giovane e romanzato commerciante di bovini Peppino Maiorana - colui che fece i conti con gli affaristi e soprattutto i capi mafia, fu proprio suo padre che «vi si lanciò sperando di riscattare il proprio destino. Senza però riuscirci». Attorno a questa storia avventurosa che Maira ha ampiamente romanzato, ha deciso poi di collocare una lunga sfilza di storie collaterali che si intrecciano alla vicenda principale, fra memoria e finzione.
Salvatore Maira presenta il suo libro oggi alle 7.30, presso l'Aula Cannizzaro al Rettorato dell'Università di Messina per un evento organizzato dalla libreria messinese La Gilda dei Narratori. L’autore dialogherà con il giornalista Franco Cicero e l’avvocato Ninni Panzera. Interverrà la docente Antonella Lo Castro.
Com’è nato “Diecimila muli”?
«Inizialmente era un breve soggetto di otto pagine da cui pensavo di trarre un film. Ci rendemmo conto che sarebbe stato un progetto costosissimo ma quando venne il momento di passare dal soggetto all’adattamento, anziché scrivere le consuete poche pagine vennero fuori le prime centocinquanta pagine. Se avessi scelto di scrivere il film avrei dovuto rinunciare a molte storie, a molti racconti collaterali che corrono paralleli alla storia principale».
Ma cosa l’ha ispirata?
«Lo spunto è familiare. Il personaggio principale, cui capita o forse incappa in questa meravigliosa impresa, era proprio mio padre».
Davvero?
«Certamente! (afferma Maira prima di scoppiare in una risata di cuore, ndr). Tutto nacque da un racconto fatto a tavola una domenica a pranzo, scoperchiando una botola di personaggi. Se la base è veritiera, lo sviluppo è romanzato. Così facendo manovro le vicende minori che scompaiono e poi riaffiorano improvvisamente, passandosi il testimone, portando il lettore al centro del labirinto, al cuore della storia».
Che rapporto c’è con la realtà storica?
«Un ampio ventaglio. Si va dal racconto inventato, come “Il sicario allo specchio” ovvero la storia di un sicario che si fa ingaggiare tre volte per uccidere la stessa persona, fino a “Proibito a Detroit” che mi è stata raccontata ed è realmente accaduta e su cui sono intervenuto per mascherare le tracce».
Il libro è ambientato nell’Italia del secondo dopoguerra. Che Italia era quella?
«Il libro è ambientato dal settembre del ’49 alla primavera del ’50 e ho voluto inserire tanti dettagli per tenere i piedi ben piantati dentro la Sicilia di quel tempo. L’Italia di quegli anni aveva tutte le strade aperte ma era un paese interamente da ricostruire e imprese come quella dei diecimila muli che capitò a mio padre, potevano cambiare le sue sorti e quella della sua famiglia. Ma non tutto era cambiato, anzi, forse quasi nulla e il giovane commerciante da una parte dovette vedersela con la sua famiglia in cui nessuno aveva varcato lo Stretto e ovviamente doveva fare i conti con la mafia».
Parliamo di Messina, una delle vere protagoniste del suo libro.
«Ho fatto un grande lavoro di ricerca per ricostruire l’ambientazione nella città a dovere. Un lavoro lungo e appassionante. Messina è considerata spesso una città di passaggio, la città della partenza, dell’abbandono e dunque, anche per me che sono emigrato partendo da San Cataldo, era in fin dei conti estranea. Ma scrivendo questa storia volevo che Messina e la sua gente prendessero vita, soprattutto raccontando i luoghi d’incontro. Fra questi la Saletta Milani, capace di far venire in città numerosi registi importanti e animare il dibattito artistico e civile. Un anno venni invitato dal regista Francesco Calogero e sfruttando quell’occasione, iniziai davvero a scoprire le strade e i posti di Messina, cercando di coglierne l’identità e il tessuto sociale. Ma Messina continuava a sfuggirmi, la sua essenza era fuggevole».
Finché cambiò qualcosa…
«Nel 1999 alla Saletta Milani presentai un film, “Amor allo specchio” (con Anna Galiena, Peter Stormare e Simona Cavallaro, ndr) e ricevetti in premio una cartella con una raccolta di serigrafie di un botanico del ‘700 di Messina. Questo materiale fu d’ispirazione per scrivere il capitolo, “Delfini sotto pioggia di sangue”, utilizzando la lingua delle didascalie di queste stampe, ispirandomi all’etimologia colta dell’ambito botanico. È senza dubbio uno dei capitoli cui tengo di più, soprattutto perché testimonia il mio legame con Messina».
Ma alla fine cosa capitò ai diecimila muli?
«Furono realmente spediti in Grecia per saldare il debito di guerra. L’impresa si concluse, mio padre dovette cedere quasi tutte le somme a certi brutti ceffi e tutto si concluse in una realtà dei fatti amara che nel libro ho preferito romanzare, rendendola meno dura da mandar giù, forse».
Ma questi muli prima di venire imbarcati, dove sostavano a Messina?
«Erano nella zona in cui oggi si trova la dogana, proprio difronte al porto. I muli che arrivavano via terra venivano stipati lì a centinaia e se passavano i controlli, attraversavano la strada e venivano finalmente imbarcati».
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Il libro
Un romanzo fiume, ricco di digressioni che corre fra il ’49 e il ’50, nella Sicilia impoverita e bombardata. L’epopea del giovane commerciante di bovini, Peppino Maiorana: toccherà a lui raccogliere al porto di Messina i diecimila muli che l’Italia dovrà fornire alla Grecia come pagamento del debito di guerra.
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