Perché non inaugurarlo? Perché non affidarlo in gestione? Perché non farlo rientrare nella programmazione di Messina “città degli Eventi”? Quanto tempo deve passare ancora, dopo tutti gli anni trascorsi?
Sono le domande – inevitabili, legittime, necessarie – che nascono spontanee nel momento in cui si sale sulla collina di Tremonti, in uno dei belvedere più affascinanti, dal quale si dominano la città e il suo Stretto. Qui sorge il Parco urbano, realizzato sulle macerie delle 13 palazzine del complesso edilizio “La Casa Nostra” e intitolato alla “Fenice”, simbolo di morte e di resurrezione, il mitico uccello rappresentato dall’originalissima scultura composta dai materiali derivanti dalla demolizione delle case e commissionata dal Comitato “RisaniAmo Casa Nostra”, presieduto da Silvestro Bonanno. Un Parco i cui lavori sono stati di fatto ultimati già 4 anni fa, che ha avuto i certificati di collaudo solo nel 2024 e che ancora non è stato ufficialmente inaugurato. Un nuovo spazio attrezzato che, però, mostra già i segni del lungo periodo trascorso tra la conclusione delle attività di cantiere e la futura pubblica fruizione, tra atti di vandalismo e il degrado che dilaga nelle aree abbandonate a se stesse.
Il Comitato si batte esattamente da 11 anni per la riqualificazione di questa importantissima porzione di territorio. «Da mesi lanciamo appelli al sindaco e all’Amministrazione comunale perché si inauguri il Parco e perché lo si affidi in gestione, così da preservarne le strutture, facendolo vivere con eventi e iniziative artistiche e aprendolo all’intera città», spiega Silvestro Bonanno. A riaccendere i riflettori sono stati anche i volontari dell’associazione “PuliAmo Messina”, con un bel reportage e l’intervista al presidente del Comitato.
Vanificare gli sforzi fatti in questi anni sarebbe un assurdo atto autolesionistico. Su questa collina c’è stato il tempo della vergogna, seguito dal tempo della speranza: ora c’è bisogno di fatti e di atti concreti. Il tempo delle certezze.
La vergogna... E sì, una storia mille volte raccontata, quella di “Casa-Cosa Nostra”, perché qui a Tremonti, forse per la prima volta a Messina, si sperimentò, negli anni Ottanta, un modello di edilizia mafiosa, appaltata a un’impresa di Bagheria che faceva capo direttamente a uno dei boss della mafia palermitana, il terribile Leoluca Bagarella. Il complesso edilizio sorto sulla collina fu il frutto di un intreccio perverso tra malapolitica e affari criminali, sulle spalle di centinaia di famiglie che pensavano di aver coronato il sogno della loro prima casa. Sappiamo tutti come è andata. Palazzine – le 13 demolite – costruite in spregio alle norme antisismiche e con materiali scadenti, per di più su un versante collinare dove, all’inizio degli anni Novanta, si registrarono fenomeni di smottamento. Prima 7, poi altri 6 edifici, furono rasi al suolo, all’inizio del Duemila. E si decise di fare di quella sorta di “Ground Zero” messinese, un Parco urbano. Nel 2013 nacque il Comitato “RisaniAmo Casa Nostra” e in quegli anni si demolirono le ultime palazzine pericolanti, con il primo colpo di martello dato proprio dall’allora sindaco Renato Accorinti.
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