Uno smartphone perennemente connesso e un motorino (prima era la bicicletta elettrica) sono gli strumenti di lavoro dei rider. Un comparto che durante il Covid, nel periodo del lockdown, ha registrato il boom e non si è più fermato. Passione, educazione e puntualità sono le qualità richieste a chi sceglie di fare il rider. Una figura che si è evoluta nel tempo.
Dai fattorini dei tempi più lontani, ai corrieri e rider. Un indotto fiorente quello del food da asporto su cui si fondano i capisaldi di una professione in crescita che ha iniziato a offrire valide opportunità e si è trasformata positivamente. Scelta non solo dai giovani ma anche da persone più adulte che hanno una famiglia da mantenere e riescono a farlo firmando un contratto lavorativo da dipendente. Si perché il rider non è più soltanto un lavoretto per arrotondare, con le giuste condizioni contrattuali, può diventare anche una professione ben remunerata grazie anche agli slot e altri premi che ti consentono di avere un punteggio alto e quindi di essere un rider referenziato e quindi più richiesto.
Pioviggina un po’ e Salvatore Gemelli, 23 anni, messinese, si ripara con il casco mentre in piazza Antonello con altri colleghi aspetta di ricevere il segnale con l’ordine da consegnare. Nonostante la giovane età è un veterano nel gruppo dei rider messinesi. Accende spesso il display del telefonino per captare attraverso l’App se ci sono richieste inoltrate dai distributori. Responsabile, educato e con esperienza, appena è diventato maggiorenne ha ambito all’indipendenza economica.
«Sono uno studente lavoratore - dice - frequento il primo anno del corso di laurea in Infermieristica. Con il lavoro di rider mi mantengo gli studi. Ho iniziato prima del Covid. Da allora le cose sono cambiate in meglio perché questo settore è in espansione a Messina. Lavoro con Just Eat, società per ordinare i pasti a domicilio. È tra le poche, se non l’unica qui da noi, che inquadra i lavoratori con un contratto di dipendente a tutti gli effetti e ti consente di arrivare a uno stipendio che non è una paghetta. Personalmente riesco a guadagnare fino a 1.200 euro al mese con un impegno di venticinque ore settimanali che posso autogestirmi. Condizioni che mi stanno bene. Solitamente lavoro di sera e frequento l’università di mattina. Non sarà il lavoro della vita, ma mi consente almeno fino alla laurea di guadagnare bene e con un contratto di lavoro nazionale, che non è poco. Mi sento di consigliare questa opportunità ai giovani che cercano lavoro. Con l’apertura del McDonald’s a Sperone il lavoro aumenterà favorendo l’assunzione di nuovo personale».
Aspettando il segnale trasmesso dall’App, che viene letto attraverso un algoritmo di localizzazione, il rider accende il motorino e parte per ritirare i colli da consegnare muovendosi all’interno del perimetro cittadino. La zona di azione è quella compresa tra Tremestieri e Paradiso villaggi inclusi, almeno per i dipendenti di Just Eat che non vanno mai oltre quella fascia di territorio. Non tutti vogliono raccontare la loro storia, c’è una certa ritrosia ad aprirsi. C’è chi si trova al suo primo giorno di lavoro ed è affiancato dai colleghi più esperti. «Non so come andrà questa avventura - dice un rider non più givane che sta appena iniziando. Sto cercando di capire meglio il funzionamento dell’App per essere pronto non appena arriveranno le richieste».
Vladimir Balsamo, 23 anni, è il rider fisso di una pizzeria. Lavora da circa un anno ma solo nel week-end o quando c’è più bisogno. Nato in Ucraina è stato adottato da una famiglia messinese nel 2013. «Dopo il diploma - racconta- i miei genitori hanno voluto subito che diventassi una persona responsabile e sempre più integrata. Il lavoro mi consente di guadagnare i soldi per mantenere l’automobile e non gravare sulla famiglia. Certo non è un semplice perché devi fare un tot di consegne e non è detto che siano tutte in zone vicine. Spesso devi raggiungere posti abbastanza impervi e la probabilità di incidenti, avendo poco tempo, è abbastanza alta. Per ora mi accontento. Tutto serve a fare curriculum. Ho un sogno nel cassetto: diventare un imprenditore nel settore della bioagricoltura. Sto terminando un corso di alta specializzazione che mi abiliterà a questa professione. Spero di riuscirci e vorrei farlo nella città che mi ha adottato».
Il profilo del rider è vario, perché quasi tutti se in possesso dell’idoneità fisica richiesta, possono avere le caratteristiche per inserirsi purché maggiorenni. Nella stessa azienda hanno trovato lavoro prima il padre e poi il figlio. «Siamo due rider in famiglia- raccontano preferendo mantenere l’anonimato - questo lavoro dice il capofamiglia mi consente di vivere. Ho quattro figli da mantenere. Il più grande che studia all’università fa il rider come me. Certo i diritti e le tutele per i lavoratori che lavorano sulla strada, tra tanti pericoli, non sono mai abbastanza soprattutto in termini di sicurezza. Abbiamo il problema del traffico, delle strade strette e spesso buie e con l’asfalto non sempre liscio. Il rider ha fretta e i tempi contati e queste insidie possono causare incidenti anche gravi». In tal senso era stata avanzata la proposta, circa un anno fa, di trovare dei locali riparati che diventassero la casa dei rider specialmente in caso di pioggia ma anche con il caldo torrido. Nulla di fatto ancora.
Caricamento commenti
Commenta la notizia