È stato condannato alla pena di nove anni di reclusione un 39enne, residente in un centro della zona tirrenica del messinese, per le accuse di maltrattamenti, lesioni personali e violenza sessuale aggravate ai danni della moglie. Il verdetto di primo grado è stato emesso dal collegio del Tribunale di Patti, presidente Mario Samperi, giudici Eleonora Vona e Giovanna Ceccon, che ha applicato all’imputato anche l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e legale per la durata della pena, con esclusione perenne da qualunque ufficio attinente alla tutela, curatela e amministrazione di sostegno, la perdita del diritto agli alimenti e l’esclusione dalla successione delle parti offese.
Riconosciuto il risarcimento del danno in favore della donna, madre dei figli minori anch’essi parti offese nel procedimento, costituita parte civile con la rappresentanza dell’avvocata Marcella De Luca, del Foro di Messina. Risarcimento che dovrà essere liquidato in separata sede, previo pagamento di una provvisionale immediata di 20mila euro, oltre le spese del giudizio. Le imputazioni a carico dell’uomo descrivono un vero e proprio inferno vissuto dalla moglie, originaria di un Paese mediorientale, ridotta in stato di soggezione, umiliazione e terrore a causa dell’ossessiva gelosia del marito aggravata dall’abituale stato di ubriachezza. Una condizione di completo isolamento sociale subita dalla donna, complici il fatto di non saper parlare italiano e di risiedere in una zona di campagna distante dal centro abitato. L’accusa contestava quindi ripetuti maltrattamenti, minacce, ingiurie e aggressioni fisiche, con schiaffi, calci e pugni che le hanno provocato svariati traumi ed escoriazioni, con l’aggravante di essere stati commessi alla presenza degli stessi figli minori della coppia o addirittura durante i periodi di gravidanza. Tra i fatti oggetto d’imputazione anche episodi in cui il marito obbligava la moglie a compiere e subire atti sessuali, e registrazioni video nei quali la vittima veniva costretta a dichiarare di essere affetta da disturbi psichici e di essere quindi responsabile della situazione. Un incubo interrotto a fine 2020, quando la donna trovò la forza di scappare da casa e recarsi alla Polizia, consegnando la registrazione di uno di quei filmati
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