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La "montagna fantasma" di Gravitelli e il traffico di rifiuti a Messina: 15 condanne I NOMI

Coinvolti i principali costruttori della città per smaltire illegalmente gli “scarti” dei cantieri

Il traffico illecito di scarti edilizi da conferire in discarica a “basso costo” c’era. E i costruttori della città ne erano consapevoli. Ci dice questo la sentenza arrivata a tarda ora, ieri, erano circa le 21.30, del processo “Montagna fantasma”, con al centro il traffico illecito di rifiuti edili che vedeva coinvolti tutti i principali imprenditori di Messina. E la sentenza letta in aula dalla presidente del collegio penale Maria Eugenia Grimaldi parla di 15 condanne, 9 dichiarazioni di prescrizione - grazie alla derubricazione del reato in una ipotesi meno grave -, e di una assoluzione. Si tratta del troncone principale, quello per i riti ordinari, concluso in primo grado davanti alla sezione penale del tribunale presieduta dalla giudice Maria Eugenia Grimaldi.

Il 4 luglio scorso la sostituta della Dda Francesca Bonanzinga aveva sollecitato 25 condanne e 2 dichiarazioni di prescrizione dei reati. Un’indagine del novembre 2022 della Guardia di finanza, gestita all’epoca dalla sostituta della Dda Rosanna Casabona.
Secondo la prospettazione accusatoria, in sostanza, per alcuni anni i principali costruttori della città si sarebbero rivolti al gruppo dei Mancuso per smaltire illegalmente a basso costo i loro rifiuti di cantiere in un sito abusivo nascosto tra i boschi di Gravitelli, il loro “territorio d’appartenenza” storico sin dalla seconda guerra di mafia degli anni ’80. Una prospettazione che è stata riconosciuta come sussistente dai giudici. Erano contestati a vario titolo diversi reati: discarica abusiva, trasporto illecito di rifiuti e inquinamento ambientale; c’era poi contestata ad alcuni imputati anche l’associazione a delinquere.

Per questa indagine nel novembre del 2022 vennero decise una serie di misure interdittive con alcuni mesi di sospensione dell’attività, alcune delle quali furono poi revocate dal gip, a carico di parecchi costruttori di primo piano della città, come per esempio Enzo Vinciullo, Giuseppe Lupò, Letterio Caronella e Rosario De Domenico, e anche a carico dell’imprenditore messinese, ex parlamentare ed ex sottosegretario al Tesoro Santino Pagano, in qualità di rappresentante legale della società S.P.S. srl (di cui Caronella è socio), per i lavori del cantiere denominato “Le Terrazze 2”, il complesso realizzato in contrada Castellaccio.

Vediamo il dettaglio della sentenza di ieri, molto complessa. Guardando globalmente al quadro generale, tra condanne e prescrizioni, con una sola assoluzione, secondo i giudici quindi il quadro prospettato a suo tempo dalla Procura era reale.

Partiamo dalle condanne, che sono quindici: Giovanni Alberti, Giuseppe Alberti, Domenico De Luca, 2 anni di reclusione ciascuno (pena sospesa); Salvatore Amato, un anno e 6 mesi (pena sospesa); Letterio Caronella e Santino Pagano, 2 anni e 6 mesi ciascuno; Antonio Frasson, un anno e 6 mesi (pena sospesa); Felice Giunta e Roberto Giunta, 2 anni e 6 mesi ciascuno; Daniele Mancuso, 9 anni e 10 mesi; Giuseppe Mancuso, 8 anni e 8 mesi; Antonino Mangraviti e Massimo Mangraviti, 2 anni ciascuno; Giacomo Mangraviti detto “Claudio”, 2 anni; Giuseppe Puliafito, 4 anni e 4 mesi di reclusione più 80mila euro di multa.

Dal punto di vista delle società coinvolte, poi, i giudici hanno ritenuto responsabile la “Sofia.it società cooperativa sociale onlus”, la ditta dei Mancuso, dell’illecito amministrativo contestato, applicando per i vari capi d’imputazione: la sanzione amministrativa di 400 quote da 300 euro ciascuna, la sanzione amministrativa di 600 quote da 900 euro ciascuna, la sanzione di 450 quote da 950 euro ciascuna, e infine la sanzione di 200 quote da 300 euro ciascuna. Sempre alla stessa società è stata applicata l’interdizione dall’esercizio delle attività per sei mesi, oltre alla confisca del patrimonio sociale e delle quote aziendali.

L’unica assoluzione nel merito si è registrata per Giuseppe Mangano, il titolare della “Co.m.mam. srl”, con la formula “per non aver commesso il fatto”; anche per la sua società i giudici hanno dichiarato per l’illecito contestato al capo 20 che «l’illecito amministrativo non sussiste».

In sentenza, ma sarà sicuramente un refuso tecnico, mancano poi le decisioni finali per Giuseppe Iudicone (a suo carico c’è solo la restituzione del furgone sequestrato) e Mario Lombardo, per i quali l’accusa aveva chiesto l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
Vediamo il quadro delle 9 prescrizioni. I giudici hanno preliminarmente riqualificato il reato originario del conferimento illecito dei rifiuti, anche in relazione alla quantità - semplifichiamo -, in un illecito con la sanzione dell’ammenda previsto dal Codice dell’Ambiente, che ha un termine di prescrizione, cioè di “scadenza” perché sia contestato dall’accusa, più limitato. E in base a questo ragionamento è stato dichiarato il “non doversi procedere” per la prescrizione del reato, considerato nell’ipotesi meno grave di quello contestato inizialmente, per: Amedeo Branca, Anna Rosaria Siracusano, Giuseppe Lupò, Rosario De Domenico, Giovanni Denaro, Barbara Urso, Filippo Vinciullo, Vincenzo Vinciullo, Antonino Triscari (anche i due Mancuso e Puliafito hanno registrato delle dichiarazioni di prescrizione).

Altri aspetti della sentenza. Per Puliafito decisa l’interdizione temporanea dai pubblici uffici per cinque anni, per i due Mancuso è perpetua. I giudici hanno poi ordinato, aspetto molto importante, in sentenza «... il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendone l’esecuzione a carico dei suddetti imputati». A questo proposito è stata disposta «... la confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica di proprietà dell’autore del reato e la restituzione, in esito alla bonifica, delle ulteriori aree agli aventi diritto». Tutti gli imputati condannati dovranno poi risarcire le parti civili: Legambiente Sicilia, Codici Ambiente, Codici Onlus, Codici Sicilia, e due privati, Angelo Ciccolo e Domenico Lembo.

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