Resta ben poco in piedi per la tranche secondaria della prima inchiesta “Nebrodi” sulla mafia dei pascoli. Ed è soprattutto la prescrizione dei reati che ha giocato un ruolo-chiave. Se si pensa infatti che la prima maxi operazione antimafia era datata gennaio 2020 per fatti ancora precedenti. Un’inchiesta che a suo tempo fece conoscere a tutti gli affari silenziosi della mafia dei pascoli, ovvero le truffe agricole all'Unione Europea per milioni di euro messe in piedi per anni dai clan tortoriciani dei Batanesi e dei Bontempo Scavo.
Ieri si è conclusa a Messina l’udienza preliminare davanti alla gup Ornella Pastore per i 35 imputati che, per una serie di cause tecniche (mancate notifiche, stralci, etc...), non erano rientrati nel giudizio del troncone principale, che ha già registrato la sentenza d’appello. E il verdetto finale e di 5 rinvii a giudizio, 4 davanti al tribunale di Patti e uno davanti al tribunale di Messina. Poi la gup Pastore ha deciso sostanzialmente una lunga serie di derubricazioni dei reati di falso “fidefaciente” in “falso semplice”, e l’esclusione per la maggior parte degli imputati dell’aggravante mafiosa anche in relazione alle truffe, e parecchie assoluzioni parziali, oltre a 3 dichiarazioni di irreperibilità degli imputati. Una soltanto la richiesta di giudizio abbreviato, da parte di Salvatore Costanzo Zammataro (Biancavilla, cl. 1985) già formalizzata all’udienza scorsa, che la giudice aveva accolto fissando la trattazione al 4 dicembre prossimo.
All’udienza del 2 ottobre si era registrato l’intervento dell’accusa, c’era il sostituto della Dda di Messina Francesco Massara, e anche parecchi interventi dei difensori. Aveva chiesto il rinvio a giudizio per la maggior parte degli imputati, e aveva poi sollecitato il “non luogo a procedere” per alcune singole ipotesi di truffa per le quali i coimputati del troncone principale avevano già registrato l’assoluzione. Ieri il cerchio si è chiuso con le ultime arringhe e la decisione finale della giudice, che è molto complessa. In rappresentanza della Procura c’era la sostituta della Dda Francesca Bonanzinga.
In questo troncone erano coinvolte inizialmente 35 persone che anche in questo caso secondo l’accusa avevano messo in piedi le maxi truffe sui terreni agricoli dei Nebrodi per percepire i contributi europei senza avere alcun titolo.
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