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Giovane detenuto fugge dal carcere, catturato a Messina in casa dei genitori

È stato rintracciato in casa dei genitori dalla polizia penitenziaria e dalla polizia di Stato il detenuto messinese evaso ieri mattina dal carcere di Catania. È finita così in un lampo la fuga del giovane scovato dagli agenti della Squadra mobilie di Messina a Mili Marina.
La ricostruzione della fuga è stata fatta dal segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria Generino De Fazio. Il sindacalista ha raccontato le fasi di una fuga anche per denunciare «episodi come questo che confermano ancora una volta l’inefficacia e l’inefficienza del sistema penitenziario, che non assolve affatto a nessuna delle funzioni a esso demandate».
Il giovane detenuto è evaso ieri mattina a Catania dal carcere di Piazza Lanza. Poche e frammentarie notizie che si sono rincorse in ore concitate: «Pare – ha aggiunto il sindacalista della Polizia penitenziaria – che fosse arrivato in istituto solo ieri (due giorni fa ndr) e che per questo fosse ancora ospitato nella sezione nuovi giunti». Sono subito scattate le ricerche da parte della polizia penitenziaria e delle altre forze dell’ordine.
«Del resto – ha aggiunto il sindacalista – il carcere di Piazza Lanza ospita 430 detenuti a fronte di una capienza per 279, e con 248 appartenenti alla Polizia penitenziaria a gestirli, quando ne servirebbero almeno 385». Una sproporzione compensata «solo dall’abnegazione, dal sacrificio e dalla professionalità degli operatori, sottoposti alle pene dell’inferno per la sola colpa di essere al servizio dello Stato». Ed proprio grazie a questo senso del dovere «se i pure frequenti episodi come quello odierno non sono quotidiani e se non si realizzano fughe di massa»,
«Ci chiediamo cosa ne sia stato – osserva ancora De Fazio – delle, per la verità non meglio precisate, ulteriori misure annunciate dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, all’indomani della conversione in legge del decreto carceri. Se il Guardasigilli, la Premier, e l’intero Governo prestassero un po’ dell’attenzione che dedicano al “sistema Albania” alle carceri nel nostro Paese, forse potrebbero riuscire a trovare qualche soluzione».

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