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Messina, tutti i pericoli dell’ex lido di Mortelle. E il progetto di rilancio resta ancora su carta

«Un segnale per riprendere e rilanciare il futuro di Mortelle, una zona importante per il turismo a Messina». Queste le parole utilizzate dal sindaco Federico Basile, sabato mattina, per “accompagnare” l’intitolazione del controviale di Mortelle ad un pezzo di storia di quella zona di città, Alberto Sardella, icona della cucina messinese col suo ristorante Sporting. Un atto giusto e dovuto, che alimenta il sentimento nostalgico per i tempi che furono e non sono più. E quanto non siano più tempi d’oro lo si tocca con mano proprio in quel controviale, pochi metri prima laddove svetta, tetro, il fantasma in cemento di un altro pezzo di storia, il Lido di Mortelle, con il Giardino delle Palme, con quella pittoresca, artisticamente preziosa e ai tempi avveneristica Aragosta divenuta simbolo, prima di benessere, poi di degrado.
A fasi alterne si sono accesi i riflettori su questa enorme struttura che sorge in parte su strada e in parte sul demanio marittimo, che per questo è comproprietaria anche di una porzione degli edifici. Tanti gli annunci, come sempre forieri di speranze, ma alla fine della fiera i fatti sono quelli in cui si imbatte chiunque attraversi quel controviale o, peggio ancora, la spiaggia sottostante. E sono ancora cartoline dell’orrore, racconti di una deprimente fatiscenza che, ed è questo l’aspetto peggiore, si trasforma in un situazione di costante pericolo che non può essere sottovalutato né può essere sufficientemente ostacolato da timidi reticoli plastificati di colore arancione, con la scritta “lavori in corso” (quali?), da prestampati cartelli di divieto d’accesso o da catenelle d’acciaio facilmente superabili.
Anche perché in troppi punti non è nemmeno necessario scavalcare un recinzione, una catena o arrampicarsi chissà dove: l’accesso a aree di estrema pericolosità è libero. Lo abbiamo constatato facilmente pochi giorni fa. Proprio lungo il controviale, subito dopo l’ingresso principale di ciò che resta dell’hotel, e poi quelli del ristorante e del bar, si trovano i tipici parcheggi sotto la tettoia, anch’essi parte della proprietà della struttura. Teoricamente sono chiusi da una piccola catenella, ma proprio nel tratto iniziale l’accesso è libero e consente di inoltrarsi fino all’ultimo degli stalli, anche in punti dove si trovano pericolose parti in lamiera e metallo divelte, pezzi di ferro arrugginiti e pure una parte di pavimentazione “aperta”, dentro la quale si rischia di cadere. E a giudicare da piccoli rifiuti sparpagliati qua e là, non è difficile immaginare che qualcuno, ogni tanto, trascorra del tempo sotto quelle malandate tettoie.
La situazione è ancora peggiore lato mare. L’accesso alla spiaggia libera è possibile attraverso un sentiero che parte da un punto tra il lido del Carabiniere e alcune ville private. Pochi passi e si arriva in spiaggia. Sulla destra, i lettini, le sdraio e gli ombrelloni del lido del Carabiniere, appunto. Dall’altro ciò che resta di una recinzione in ferro, di cui ormai ci sono solo tracce. Di fatto si può proseguire a piedi senza ostacoli e questo significa arrivare fin dentro la vecchia piscina – ovviamente senz’acqua – del lido di Mortelle. Anche quest’area dovrebbe essere recintata, lo è in gran parte, ma in diversi punti la recinzione non c’è più. E anche qui l’elenco dei potenziali pericoli è così lungo che è impossibile evidenziarne uno piuttosto che un altro. Il tutto in piena area demaniale. Peraltro i più sprovveduti non avrebbero ulteriori ostacoli per inoltrarsi ulteriormente, arrivando fin dentro la pancia del vecchio albergo, visto che gli sbarramenti posti lato strada non sono presenti lato mare, oppure laddove sorgono ancora le non più sostenibili e legittime cabine in cemento armato, proprio sull’arenile.
Uno scempio che è inaccettabile per molti motivi, fin troppi evidenti. Il primo è di palese rischio per l’incolumità pubblica, non serve essere un vandalo – come spesso accaduto in passato – per arrivare fin dentro la struttura fatiscente e pericolosa. Il secondo è il solito tema del decoro urbano. È una struttura privata, è vero, ma oltre al fatto che sorge in buona parte sul demanio, non si tratta di una piccola bottega, bensì di un enorme complesso nato come turistico-alberghiero, dal grande valore storico, in una zona che dovrebbe essere di pregio e che, peraltro, oggi rappresenta un colossale sbarramento, per chi abita in zona, all’accesso in spiaggia (il primo varco per arrivare a mare, appunto, è quello descritto prima, piuttosto distante da raggiungere a piedi per chi vive nelle residenze sulla Statale 113).
Del lido di Mortelle si era occupato, qualche mese fa, il consiglio comunale (il dibattito era stato caldeggiato da Dario Carbone, di FdI). C’erano il vicesindaco, c’era la dirigente del dipartimento Urbanistica del Comune, c’erano, soprattutto, il dirigente del Demanio marittimo, Santo Campolo, e l’avvocata Monica Fedele, amministratrice unica della Eluele Srl, ditta proprietaria dell’immobile. La Eluele, lo ricordiamo, si aggiudicò l’ex lido di Mortelle all’asta il 20 dicembre 2017, otto giorni dopo essere stata costituita (negli anni precedenti la struttura era finita nel mirino del boss di Giostra, Luigi Tibia, come emerso dall’inchiesta antimafia Totem). Socio unico della Eluele è la holding Primeitalia spa (presidente Vincenzo Grizzaffi, amministratrice delegata la stessa Fedele), con sede legale proprio a Mortelle, a pochi passi dal lido. In quella seduta di consiglio comunale, il 19 marzo, venne fuori che erano due gli step mancanti: la concessione dell’assessorato regionale Territorio e Ambiente e il permesso per costruire da parte del Comune. Il progetto sul tavolo è sempre lo stesso: un investimento iniziale di oltre 8 milioni di euro (ma nel frattempo la cifra è pressoché raddoppiata), con demolizione e ricostruzione delle strutture, albergo a cinque stelle con Spa e ristorante gourmet, riqualificazione della piscina esterna e del lido, trasformazione delle vecchie cabine in residenze. Di tutto questo, però, non c’è ancora traccia. E in quel luogo convivono malinconia e degrado, nostalgia e timori per un gioiello potenziale divenuto pericolo imminente.

 

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