Norman Foster, Massimiliano Fuksas, Renzo Piano e Daniel Libeskind: sono le quattro archistar più famose al mondo. Cosa pensano di una delle opere più sfidanti, ambiziose, controverse e impattanti quale il Ponte dello Stretto di Messina? Abbiamo messo a confronto le loro dichiarazioni più recenti sull’argomento.
Norman Foster
Sir Norman Foster, nei giorni scorsi, ha rilasciato una lunga intervista al supplemento settimanale del Corriere della Sera. Leggiamo il passaggio che ci interessa: «Foster ha fatto parte del team di progettazione dell'avveniristico viadotto di Millau, in Francia, realizzato nel 2004. Noi oggi, in Italia, stiamo discutendo se costruire il Ponte sullo Stretto di Messina. Valutiamo con quali precondizioni affrontare questa impresa. «Ebbene – afferma Foster –, se si guarda alle lezioni di Millau, si trattava di un concorso per realizzare un ponte che unisse alla massima economia la massima bellezza. Ed è stato completato prima del previsto, senza feriti, senza perdite di vite umane, con un budget inferiore e si è rivelato estremamente popolare e utilizzato dalle persone. Ha avuto una certa influenza regionale, ha contribuito a trasformare un'area che tradizionalmente non era esattamente ricca, facendo crescere il suo profilo turistico. Ha poi ridotto la congestione e l'inquinamento, prima si creava una coda di cinque ore per attraversare la maggior parte dei villaggi. Dal punto di vista ambientale, con i veicoli pesanti che viaggiano tra Parigi e Barcellona, si può misurare scientificamente la riduzione di emissioni di Co2, che equivale a piantare una foresta di 40mila alberi. Quindi se si applicano quelle lezioni facendo un concorso che punta alla qualità del design, potrebbe essere un buon progetto». E c’è una splendida frase, che dà il titolo all’intervista: «Dal mio aliante ho visto le città del futuro. L'unica costante della vita è il cambiamento», parola di uno degli architetti più premiati al mondo, il principale esponente dell’Architettura “high-tech”, l’uomo che ha dato vita allo studio “Norman Foster + Partners”, con 647 architetti dipendenti e un fatturato tra i 200 e i 209 milioni di dollari, al decimo posto nell'elenco dei maggiori studi di Architettura del mondo, il progettista di una serie infinita di opere che hanno lasciato il segno nelle città dove sono state realizzate: l'Aeroporto internazionale di Hong Kong, la Metropolitana di Bilbao, la Torre de Collserola di Barcelona, il Millennium Bridge e la City Hall a Londra, il nuovo Reichstag di Berlino, il Campus Luigi Einaudi a Torino, alcuni dei più innovativi grattacieli negli Usa come l’Hearst Tower di New York, il citato viadotto di Millau, la Stazione di Firenze dell’Alta velocità, Masdar City, un’intera nuova “città del post-petrolio” negli Emirati Arabi.
Massimiliano Fuksas
«Il Ponte sullo Stretto? Pensavo fosse stato già fatto visto che a Malmoe hanno costruito il collegamento fra la Danimarca e la Svezia. In tutto il mondo, compreso Singapore, esistono progetti molto più complessi». Queste sono state le dichiarazioni di Massimiliano Fuksas, quando è intervenuto ai microfoni di “L’aria che tira”, il programma televisivo in onda su La7. «Possiamo passare il resto della nostra vita a interrogarsi se farlo o se non farlo, ma il Ponte è necessario per unire l’Italia all’Italia, la Sicilia all’Europa», ha aggiunto il grande architetto romano, classe 1944, anch’egli progettista di un elenco interminabile di opere architettoniche sparse per tutto il mondo. Fuksas, in quell’occasione, ha sollevato un aspetto asu cui si potrebbe discutere, quello della manutenzione: in Italia non figura mai questa parola, poi le infrastrutture crollano. Non è mai previsto un budget per la manutenzione, è un problema enorme. Il Ponte si deve fare, non bisogna dire una parola in più. Non capisco perché impiegare 12-14 ore per andare in Sicilia. Noi abbiamo viadotti, ponti, opere di cemento armato che sono vecchi di 50 anni, è un rischio».
Renzo Piano
«Costruire è una magia, i muri non vanno costruiti, i ponti sì e farlo è bellissimo, è un gesto di pace». Queste le parole di Renzo Piano, il più famoso architetto italiano, che ha progettato opere in tutti i Continenti ma che ha legato il suo nome alla propria amatissima città, Genova, firmando le principali attrazioni architettoniche del capoluogo ligure (il porto storico, il Museo del Mare, il Grande Acquario) e, in ultimo, la ricostruzione di quello che fu il Ponte Morandi, dopo il tragico crollo.
Daniel Libeskind
Infine, Daniel Libeskind, 78 anni, origini polacche, naturalizzato statunitense. Il suo nome è legato al Ponte dello Stretto, perché è lui che ha progettato l’avveniristico Centro direzionale che dovrebbe trasformare radicalmente il destino di una cittadina come Villa San Giovanni, finora nota solo perché schiava, assieme a Messina, del traffico gommato pesante, attraversata, da decenni, da fiumi insopportabili di Tir che passano nel centro abitato. Libeskind è venuto l’anno scorso a Taormina e lì ha fatto è una vera e propria lezione di architettura, di fronte ad una platea di tecnici e non solo. «Molte cose sono cambiate da allora – ha dichiarato, riferendosi proprio al Centro direzionale –, ma questo è un progetto di più ampio respiro». E ha citato Heidegger: «Il filosofo tedesco diceva che un ponte non è solo una congiunzione di un punto A con un punto B, ma è l’essenza dell’umanità. È un’esperienza spirituale, perché include tutte le esperienze spirituali che le persone vivono mentre lo attraversano. Non è solo un segmento, il Ponte, ma tutto ciò che può rappresentare in termini di comunità, è un luogo di incontro e di socializzazione». Tanto in Sicilia quanto in Calabria «gli spazi pubblici devono essere concepiti come l’essenza dello stare insieme, del condividere. Il Ponte non è un luogo di passaggio, ma un luogo da vivere».
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