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Messina, il magistrato Sebastiano Neri: «Il palagiustizia questione centrale»

Intervista al togato che ha retto la Corte d’appello per un anno e mezzo

Presidente Sebastiano Neri, dopo una vita passata tra magistratura e politica è andato in pensione nei giorni scorsi da magistrato. Qual è il suo bilancio, visto che lei ha approfittato delle cosiddette “porte girevoli”?
«Personalmente le ho vissute entrambe con partecipazione ed il mio bilancio lo ritengo positivo. Questa avversione per le “porte girevoli” mi pare diventata uno stucchevole luogo comune di moda, si curano i sintomi e non la malattia, perché tra funzioni pubbliche costituzionali non c’è o non ci dovrebbe essere contrasto. Si può essere buoni magistrati, spero di esserlo stato, anche se si sono fatti passaggi in politica. Basta non confondere i ruoli».

Del periodo messinese più luci o ombre?
«Assolutamente luci. Belle ed intense. Parafrasando Pirandello posso dire di aver incontrato molti volti e poche maschere. Colleghi quasi tutti ottimi magistrati e belle persone, con le eccezioni ridotte al minimo fisiologico. La stessa cosa vale per il personale di cancelleria ed amministrativo. Messina è diventata per me un luogo del cuore».

Per un lungo periodo è stato presidente vicario della corte d’appello di Messina, oltre all’impronta decisiva che ha dato per la risoluzione della vicenda sul Palagiustizia satellite con l’acquisizione dei plessi di via Garibaldi, cosa ha lasciato invece di irrisolto e avrebbe voluto concludere?
«Quello dei nuovi edifici da adibire ad uffici giudiziari per risolvere il pluridecennale problema della insufficienza degli spazi era certamente la priorità assoluta che si trascinava da circa 28 anni ed è per me motivo di grande soddisfazione aver contribuito a risolverlo. Per il resto confesso che penso di non aver lasciato problemi irrisolti che dipendessero dal presidente della Corte, anche perché nell’oltre un anno e mezzo di mia reggenza sono stato ottimamente coadiuvato da un eccellente dirigente amministrativo, oltre che da quasi tutti i colleghi e da quasi tutto il personale. Un cruccio mi è però rimasto: non aver restituito ai rappresentanti della stampa un luogo dove appoggiarsi per svolgere la loro essenziale funzione».

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